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Questo articolo è stato pubblicato il 22 maggio 2011 alle ore 08:12.

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ROMA
Dei fondi nazionali si sono ormai quasi perse le tracce e, per non fermarsi, il piano nazionale contro il digital-divide deve aggrapparsi alle risorse europee da mobilitare attraverso accordi con le Regioni.
È cambiata così la strategia di Infratel, società controllata da Invitalia e soggetto attuatore del Piano nazionale banda larga messo a punto dal ministero dello Sviluppo economico: la relazione del cda al bilancio d'esercizio al 31 dicembre 2010, che Il Sole 24 Ore ha visionato, osserva che «il Piano nazionale è in fase di revisione, per tenere conto della disponibilità dei finanziamenti piuttosto graduata nel tempo». Nel bilancio, si sottolinea che al 31 dicembre 2010 le risorse finanziarie attribuite dall'amministrazione centrale per l'attuazione del programma ammontano a 288 milioni derivanti dalle assegnazioni delle leggi finanziarie dal 2004 al 2008 e delle programmazioni Cipe 2003-2006. Altri 50 milioni (Finanziaria 2007) risulterebbero in fase di accertamento.
Quanto invece agli 800 milioni di risorse nazionali Fas destinate al Programma dalla legge sviluppo del 2009, sono state prima ridotte a 400 e poi congelate. Al termine del consiglio dei ministri del 9 febbraio scorso è emersa la disponibilità del Tesoro si sbloccare almeno una prima fetta di 100 milioni ma per ora sono di fonte Ue le uniche risorse sicure per azzerare il divario tra diverse zone del Paese nella disponibilità della banda larga. «Dal 2009 – spiega il presidente, Domenico Tudini – abbiamo firmato accordi di programma tra il ministero dello Sviluppo e diverse amministrazioni regionali per il cofinanziamento degli interventi, in alcuni casi le Regioni hanno destinato al Piano risorse Feasr (Fondo europeo sviluppo rural) e Fesr (Fondo di sviluppo regionale)». Nel 2010, sintetizza il bilancio, si è proseguito lungo questo percorso. In Abruzzo sono stati attivati fondi Feasr (7 milioni del ministero e 2,86 milioni di finanziamento regionale), mentre si è attivato il serbatoio Fesr sia in Piemonte (6 milioni più 7,29 milioni regionali) e Toscana (dieci milioni più dieci). In tutto 42 milioni: poca cosa, va detto, rispetto a quanto il Piano dovrebbe incassare dal Fas. C'è anche da dire che i fondi europei dirottati dalle Regioni sulla banda larga in alcuni casi sono stati spostati da altri obiettivi di spesa, finendo in questo modo per avere una funzione sostitutiva e non aggiuntiva rispetto ai finanziamenti ordinari. Ad ogni modo lo sforzo di Infratel e del dipartimento Comunicazioni del ministero dello Sviluppo ha il merito di tenere comunque in vita il Piano nonostante la difficile congiuntura economica e i vincoli del Tesoro sulla finanza pubblica.
La stessa Commissione europea, nel giugno 2010, ha riconosciuto Infratel come "in-house providing" del ministero dello Sviluppo economico per l'attuazione del programma banda larga e ne ha approvato il modello di funzionamento che prevede anche l'impiego di finanziamenti europei provenienti dai Por (piani operativi regionali). Infratel, per conto del governo, ha il compito di realizzare l'infrastruttura passiva (cavidotti e fibra ottica) in tutte le aree sottoutilizzate del Paese per abilitare alla banda larga centrali e antenne base di telefonia. La società, la cui attività è partita nel 2005, ha chiuso il bilancio con un Mol di 898mila euro (-32% rispetto al 2009) e un utile netto di 893mila euro (-1,2%). In aumento di circa il 15% il costo del personale (oltre 2 milioni per 36 unità escluso il presidente) e di circa il 30% i debiti (113,8 milioni di cui 57 verso i fornitori).
Il primo intervento attuativo, relativo alle Regioni del Mezzogiorno, è stato concluso. «Il secondo – spiega Tudini – è destinato alla Basilicata e ad alcune Regioni del Centro-Nord e lo completeremo nel 2011». Per il terzo le procedure di gara si sono concluse lo scorso novembre con l'aggiudicazione di tre lotti, che riguardano complessivamente 10 regioni, per un ammontare di 99 milioni. «I lavori sono appena partiti» aggiunge Salvatore Lombardo, direttore generale della società, che ricorda i numeri fin qui conseguiti: 1 milione di linee collegate, che equivalgono a circa 2,5 milioni di abitanti. «Lo scorso anno – dice il d.g. – abbiamo attivato oltre 320 centrali, accelerando rispetto al 2009» (67). Dal 2009 al 2010 però il digital divide è sceso solo dal 10,4 all'8,7% della popolazione (dati al lordo della fattibilità tecnica relativa alla rete di accesso in rame). L'obiettivo – conferma comunque Infratel – resta quello di garantire a tutto il Paese la possibilità di accesso entro il 2013.
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