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Questo articolo è stato pubblicato il 22 maggio 2011 alle ore 15:21.

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Il piano Obama all'esame del G-8Il piano Obama all'esame del G-8

NEW YORK - Barack Obama parte oggi per l'Europa dove cercherà nelle varie tappe, ma soprattutto al G-8 di Deauville, in Francia, di consolidare il consenso attorno al suo piano per democrazia e sviluppo nel mondo arabo e di negoziare una rapida successione per la guida del Fondo monetario internazionale.

Prima tappa del viaggio a Dublino, dove "O'Bama" come è stato ribattezzato dai locali, arriverà domattina per incontri ufficiali, ma soprattutto per una visita a Moneygall, un paesino di 300 anime da dove sono partiti i suoi antentati irlandesi da parte di madre: Fulmuth Kearney era il trisavolo, il padre del suo trisnonno, emigrò in America nel 1850. Il paesino è ovviamente eccitatissimo e questo cotè irlandese di Obama (prima che kenyota, attenzione) sarà certamente il contorno di colore più divertente del viaggio. Poi a Londra, incontri con David Cameron e ospite di Elisabetta a Buckingham Palace, due cene e una colazione con la regina: un primato. Poi Deauville e una tappa in Polonia.

I funzionari della Casa Bianca che hanno fatto una presentazione del viaggio, Ben Rhodes, Liz Sherwood-Randall e Mike Froman, hanno sottolineato che al G-8 si parlerà certamente di Fondo monetario: «Abbiamo fretta, ma vogliamo un processo trasparente. I leader ne parleranno certamente» ha detto Froman. Obama a Deauville vedrà il presidente russo Medvedev. E Liz Sherwood ha sottolineato che mondo arabo e Medio Oriente avranno un ruolo importante, centrale, sia nell'incontro con David Cameron a Londra che poi al G-8.

Se la visione per la "primavera araba" è densa di promesse per uno sviluppo economico che prevede aiuti diretti americani, il coinvolgimento degli europei con altre donazioni, dell'Fmi e della Banca mondiale, l'allargamento del ruolo della Bers, la proposta per il Medio Oriente è stata per ora un "flop", sia sul piano interno che su quello internazionale. Dal punto di vista interno le code successive al discorso – il turbolento incontro con Benjamin Netanyahu, l'incontro con le comunità ebraiche oggi e l'atteso discorso in Parlamento americano del primo ministro israeliano su invito dei repubblicani domani mattina – non giovano a Obama che si prepara al 2012: gli americani si fidano più dell'alleato israeliano che dei palestinesi, con Hamas che vuole ancora distruggere Israele. Il risultato internazionale è che dopo il discorso si sono avuti passi indietro, non in avanti, sia da parte israeliana che palestinese.

Con la conseguenza non auspicabile di far irrompere le polemiche sul processo di pace in Medio Oriente nel mondo arabo in trasformazione. Sappiamo dei retroscena che hanno portato a questa posizione (George Mitchell contro Dennis Ross per un nuovo piano di pace mai decollato). Sappiamo inoltre che la situazione fra israeliani a palestinesi è comunque paralizzata. In queste circostanze Obama avrebbe fatto meglio a non smuovere troppo le acque e a legare semplicemente le prospettive di pace alle prospettive di sviluppo e democrazia nel mondo arabo. Ma la posizione sui confini del '67 è stata enunciata. E ci si aspetta che, sul tema Medio Oriente, a Deauville il G-8 seguirà il presidente americano fino in fondo.

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