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Questo articolo è stato pubblicato il 23 maggio 2011 alle ore 11:23.

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Gli abbandoni scolastici prematuri continuano a essere una spina nel fianco del sistema scolastico italiano. Nel 2010 la percentuale dei ragazzi, tra i 20 e i 24 anni, che ha lasciato gli studi senza conseguire un diploma di scuola media superiore si è attestata al 18,8%, ben lontano dalla soglia del 10% indicata nella Strategia Europa 2020, e a fronte di una media europea del 14,4 per cento. Lo evidenzia l'Istat, nel suo rapporto annuale sull'Italia, presentato alla Camera, che sottolinea come gli abbandoni precoci riguardino soprattutto i ragazzi (22%) contro il 15,4% delle ragazze.

«L'obiettivo fissato dal piano nazionale delle riforme, 15%-16%, non appare particolarmente ambizioso e non consente un avvicinamento deciso rispetto agli obiettivi comunitari», scrive l'Istat. Inoltre, la spesa dell'Italia in ricerca e sviluppo «è al di sotto dei target europei» nell'ambito del piano Europa 2020. «Per la spesa in ricerca e sviluppo - evidenzia il rapporto - l'Ue fissa l'obiettivo al 3% del Pil, l'Italia a poco più della metà, 1,53 per cento».

Al Sud, abbandoni scolastici al top
Tornando invece agli abbandoni prematuri, spicca come le differenze territoriali siano piuttosto marcate: particolarmente grave la situazione della Sicilia, dove più di un quarto dei giovani lascia la scuola con al più la licenza media. Percentuali superiori al 23% si registrano anche in Sardegna, Puglia e Campania. Più in linea con il traguardo europeo del 2020 appare il Nord-est, con un tasso di abbandono scolastico intorno al 12% nella provincia autonoma di Trento e in Friuli-Venezia Giulia.

La tendenza alla riduzione degli abbandoni, più incisiva fino al 2007, mostra negli anni recenti un andamento stagnante. Le regioni del Mezzogiorno, pur partendo dai livelli più elevati, sono quelle che mostrano la maggiore contrazione del fenomeno. «Il sistema tuttavia - si fa notare nel rapporto - offre ampie opportunità legate alla prosecuzione degli studi: dai dati dell'indagine Excelsior nel periodo compreso fra l'anno scolastico 2004-05 e quello 2007-08 il numero di diplomati degli istituti tecnici italiani si è ridotto da 181.099 a 163.915, con un gap rispetto alla domanda potenziale da un minimo di circa 24mila unità (nel 2005) a un massimo di oltre 127mila diplomati tecnici (nel 2007)».

Le immatricolazioni universitarie sempre in calo
Altra nota dolente che emerge dalla fotografia dell'Istat è il continuo calo delle iscrizioni all'università. Secondo la Strategia Europa 2020 il 40% dei 30-34enni deve avere un'istruzione universitaria o equivalente. La media Ue è pari al 32,2% e dieci paesi (tra i quali Francia e Regno Unito) hanno già superato il livello atteso. Il Piano nazionale delle riforme fissa l'obiettivo per l'Italia tra il 26 e il 27%, con un incremento atteso di circa 7 punti percentuali rispetto al valore attuale (19,8 per cento), in linea con la tendenza mediadegli ultimi 6 anni.

In più, le università italiane non sono al passo con quelle di Europa, Giappone e Stati Uniti: tra le prime 100 nel mondo 75 sono distribuite in Usa, Regno Unito, Giappone e Germania, mentre per vedere apparire l'Italia occorre allargare la classifica alle prime 200, dove figura con il 2% dietro Francia (3,5%) e Germania (7 per cento).

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