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Questo articolo è stato pubblicato il 23 maggio 2011 alle ore 11:03.

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Alberto Contador (Reuters)Alberto Contador (Reuters)

E adesso? Cos'altro possiamo inventarci per fermare, almeno nella fantasia, Contador? Hai voglia a dire che negli ultimi metri del Gardeccia è affaticato. Che la pedalata è meno leggera. E che anche lui tira un respiro di sollievo quando, dopo 229 chilometri di otto volante, intravede il traguardo. Meno male, è umano anche lui.

Ma alla fine, se gratti la vernice, che cosa scopri? Che in classifica sta meglio del giorno prima. Certo, manca ancora una settimana all'arrivo a Milano. E tutto può ancora succedere. Ma questo discorso ce lo stiamo ripetendo dall'Etna, cioè dalla prima vera salita del Giro. Solo che quando la strada va su, ormai è provato scientificamente, gli avversati di Contador vanno giù. Come birilli. Preoccupati , soprattutto, di non farsi troppo male.

Scarponi, uno dei pochi che sul tappone gli tiene testa, alla fine, con quel sorriso da impunito, grugnisce: «Stanco Contador? Mah, è dal primo giorno che lo vedo davanti! Diciamo che non m'arrendo, questo sì, ma lui è di un altro pianeta».

Sintesi perfetta quella di Scarponi. Contador, da questo trittico sulle montagne, esce alla grande. I suoi avversari più irriducibili, cioè Scarponi e Nibali, scivolano ancora più indietro, tra i quattro e i cinque minuti. E agli altri concede spiccioli di gloria per tenerseli buoni, casomai qualcosa, strada facendo, andasse storto. Tutti spagnoli, tra l'altro. Una specie - come dire? - di compagnia di Giro.

Sul Gardeccia, dà spazio al navarro Mikel Nieve, che precede un mitologico Stefano Garzelli. Sullo Zoncolan, Contador dà il via libera al basco Igor Anton che poi la paga nel tappone. Nella frazione del Grossglockner lascia vincere il piccolo Rujano, venezuelano, ma sempre di madre lingua spagnola.

Insomma, al Giro d'Italia del Centocinquantesimo la lingua ufficiale è lo spagnolo. Diciamo allora che su queste strade il nostro Risorgimento è ancora incompiuto. Siamo garibaldini ma non vincenti. Nibali, il nostro picciotto più combattivo, ci prova nella discesa del Passo Giau. Grande performance, curve perfette, tutto molto bello. Guadagna quasi un minuto, Nibali, che però perde, con gli interessi, sulla salita del Fedaia. Qui Contador lo saluta e se ne va riguadagnando un minuto.

Ecco, qui Vincenzino mostra d'avere un cuore grande così. Perchè accende una sfida personalissima con il leader della corsa. Uno si stacca in salita (Nibali), l'altro in discesa (Contador). Solo che, alla fine della fiera, a guadagnarci è il capataz in maglia rosa. Dopo il Gardeccia, purtroppo per Vincenzo, non c'è discesa: e così il povero Nibali si becca un'altra legnata di un minuto e 43". Che dire? Che il ragazzo è stato bravo. Le ha prese, ma ci ha provato. Contro un gigante, per giunta, che ormai ha quasi blindato il Giro. E che vuol dimostrare ai giudici del Tas che lui, il grande Contadodr, non ha bisogno di barare per vincere. Ecco perchè lotta, ad ogni tappa, col coltello tra i denti. Ed ecco perchè, nonostante manchi una settimana alla fine, e ci siano ancora tappe come quella del Sestiere e del Colle delle Finestre, siamo qui a domandarci se forse siamo già ai titoli di coda.

Detto del coraggio dimostrato dal siciliano Nibali, altrettanto coraggio, in chiave "garibaldina", va dato al lombardo Stefano Garzelli che prende il largo sulla salita del Giau, a circa 60 chilometri dal traguardo. Grande impresa, quella di Garzelli, che fa quasi il paio con quella di Plan De Corones dell'anno scorso. Purtroppo Stefano va in riserva proprio sul Gardeccia, dove la strada è più per muli che per cristiani. E il più mulo di tutti, Nieve, prima l'acciuffa e poi se lo lascia alle spalle andando meritatamente a vincere la tappa. Garzelli si consola con la maglia verde degli scalatori. Una breccia nel Giro d'Italia.

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