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Questo articolo è stato pubblicato il 25 maggio 2011 alle ore 06:45.

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ATENE. Dal nostro inviato
Antonio Samaras, leader dell'opposione di centro-destra in Grecia ha detto «no» a sorpresa al piano di austerità da sei miliardi di euro chiesto dalla troika Ue-Fmi-Bce ad Atene. Il capo di Nuova Democrazia ha scelto di giocare la facile carta del richiamo al populismo proponendo, in questo momento drammatico del Paese, addirittura un taglio delle tasse al 15% per i profitti e i dividendi societari e al 30% dall'attuale 45% per le persone fisiche, oltre che la riduzione dell'Iva dal 23 al 19% e il taglio del prelievo sui carburanti. Una follia per i conti disastrati della Grecia.
Nea Dimokratia, il partito di centro-destra che guida l'opposizione al governo socialista dal 4 ottobre 2009, ha bocciato sconsideratamente le ultime misure di austerity proposte da George Papandreou per ridurre il deficit e sbloccare la quinta tranche da 12 miliardi di euro del piano da 110 miliardi e mettere le basi per un nuovo prestito Ue-Fmi per il 2012-2013 da 60 miliardi.
Samaras, il leader del partito che sotto la guida di Costas Karamanlis ha creato gran parte del dissesto finanziario greco, ha perso l'occasione di diventare uno statista. Ha inoltre dichiarato che le nuove misure sono poco utili per ridurre il deficit, spingerebbero la Grecia verso una recessione ancora più profonda. Una scelta che lascia il Governo di Papandreou ancora più isolato nella difesa delle misure di austerità.
Lunedì il Consiglio dei ministri ad Atene presieduto da Papandreou aveva approvato misure di austerità addizionali per circa sei miliardi euro, anticipando la tempistica di alcune importanti privatizzazioni in attesa che oggi torni la troika Ue-Fmi-Bce con cui definire gli ultimi dettagli del piano visto che restano ancora disaccordi pesanti su come reperire gli ultimi 1,5 miliardi di euro dei sei necessari.
Intanto, proprio contro le nuove misure governative, il principale sindacato del settore pubblico in Grecia ha indetto il decimo sciopero di 24 ore a giugno. «Vogliamo bloccare le nuove misure, evitare quel che è già stato deciso. Continueremo finché non l'avremo vinta», ha detto Ilias Iliopoulos, il segretario generale del sindacato del settore pubblico Adedy.
Papandreou ha risposto all'offensiva dei conservatori di Nea Dimokratia dal convegno annuale della Sev, la Confindustria greca. Al Megaron, il maxi-centro congressi di Atene, il premier ha ribadito a centiniaia di imprenditori in un lungo e appassionato discorso che il suo progetto non cambia e che «andrà avanti con le riforme strutturali, liberalizzazioni, lotta alla corruzione ed evasione fiscale». «I mercati hanno ancora paura del debito greco e del rischio contagio. Atene non sarà in grado di ricorrere da sola al mercato l'anno prossimo», ha ammesso il premier a un platea che alla fine lo ha applaudito. Il presidente della Sev, Dimitris Daskalopoulos, il padrone di casa della serata, ha preso la parola a sua volta proponendo la tenuta di un «referendum sulle riforme» che Papandreou sta portando avanti nel Paese dicendosi certo che otterrebbe la maggioranza dei voti perché i greci hanno capito che non si può tornare indietro.
Anche il ministro delle Finanze, George Papaconstantinou, ha ricordato che «la Grecia deve fare di più per convincere gli investitori dei suoi sforzi di riforma. È evidente che tutto ciò che è stato fatto non è sufficiente», ha detto alla platea di imprenditori. «Non siamo ritenuti affidabili, non solo per i nostri errori o per le decisioni sbagliate del passato ma perché l'Europa nel suo complesso è a un punto molto difficile». Papaconstantinou forse si riferiva alle pressanti richieste europee di affidare le privatizzazioni a un'agenzia con la supervisione anche di Bruxelles e Fmi.
Papaconstantinou ha ribadito che c'è ancora «molto lavoro da fare per raggiungere una situazione di stabilità». «I pericoli che vengono dalle nuove misure di austerità – ha concluso il ministro – non sono così gravi come il pericolo che i nostri partner europei ci lascino da soli».
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ATENE SOTTO TUTELA

Le privatizzazioni
Il piano di privatizzazioni annunciato da Atene lunedì sembra oggi l'unica via d'uscita dalla crisi del debito sovrano
La crescente contrarietà dei Paesi del Nord Europa rende difficile concedere ulteriori aiuti ai Governi in difficoltà
La via della ristrutturazione del debito della quale si continua a parlare è invece bloccata dalla contemporanea, ferma, opposizione della Banca centrale europea che considera troppo alto il rischio di contagio
Secondo gli esperti la Grecia potrebbe ottenere dalle privatizzazioni molto più degli annunciati 50 miliardi di euro: le stime vanno dai 250 ai 300 miliardi di euro
A Bruxelles tuttavia pochi si fidano ancora di Atene: nei vertici dell'ultimo mese i ministri della Ue hanno discusso la possibilità di affidare la vendita degli asset pubblici a esperti internazionali

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