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Questo articolo è stato pubblicato il 27 maggio 2011 alle ore 07:50.
Il Governo non è stato fermo, ha tenuto saldi i conti e ora è in grado di accettare «la sfida della crescita». È toccato a Paolo Romani, ministro dello Sviluppo economico e unico esponente dell'esecutivo a intervenire, vista l'assenza del premier, spiegare e difendere una linea politica che finora ha anteposto le ragioni di finanza pubblica a quelle dello sviluppo. Romani, subentrato a Claudio Scajola lo scorso ottobre, ha assunto la guida del dicastero di via Veneto in uno dei momenti di maggiore apatia sulla politica industriale del Paese. Tendenza proseguita in quest'ultimi mesi, anche se il ministro non accetta l'accusa di immobilismo: «I nostri passi sembrano lenti ma poggiano su basi concrete – dice davanti a una platea che gli concede solo un applauso, a fine discorso –. La nostra economia reale ha retto ad ogni bolla finanziaria, grazie alla stabilità economica dello Stato, al risparmio delle famiglie e alla solidità delle imprese». Ora però – ammette rivolgendosi alla platea degli industriali – «dobbiamo agganciare il treno della ripresa».
Per il titolare dello Sviluppo l'Italia non è più un Paese a rischio, non è più la "i" dei P.I.G.S. «grazie a una serie di riforme» attuate – «il sistema pensionistico, la mediazione per la giustizia civile, l'università» – e in via di attivazione o allo studio, «federalismo fiscale, legislazione del lavoro, apprendistato, riforma fiscale».
Un rapido accenno all'applauso rivolto all'a.d. di Thyssen Krupp durante le Assise di Confindustria e alla conseguente «strumentalizzazione» da parte dell'informazione. Poi, alcune promesse e proposte da rivolgere alle imprese.
Su Basilea 3 «il governo si impegnerà perché nella sua attuazione non vi ricadano i finanziamenti alle imprese, specie alle Pmi»; sui debiti della Pa c'è l'intenzione di «recepire rapidamente la direttiva Ue: stiamo studiando le modalità con cui la sua attuazione non abbia conseguenze nella valutazione dei mercati finanziari». Nessun accenno alle liberalizzazioni invocate da Marcegaglia né al disegno di legge annuale per la concorrenza fermo da un anno nei cassetti del ministero. No alla privatizzazione dell'Ice proposta dagli industriali. Per quanto riguarda Industria 2015, altro tema caro alle imprese, Romani ribalta sulle banche buona parte della responsabilità per i progetti di innovazione che non riescono a partire in quanto privi di finanziamenti. «È in ritardo l'erogazione di fondi? Non esattamente – replica –. Infatti gli 834 milioni vanno erogati a Sal (stato avanzamento lavori), alle aziende tuttavia la liquidità serve prima per poter portare avanti le fasi del progetto. E qui la differenza la fa la presenza o l'assenza del sistema bancario». Di qui la proposta: un lavoro congiunto ministero-banche-imprese per un sistema di rating dell'innovazione.
Dallo stesso palco che ieri ha ospitato Romani, esattamente tre anni fa, il suo predecessore Claudio Scajola scaldava la platea con l'annuncio del piano per il nucleare che avrebbe dovuto portare alla prima pietra delle centrali entro il 2013. Il disastro di Fukushima ha però cambiato tutto, ha spinto il Governo prima a una moratoria di un anno poi all'abrogazione necessaria per disinnescare il referendum di giugno. Romani non ripudia la scelta e conferma che l'atomo è la strada «più corretta per un Paese industrializzato come il nostro, siamo un'anomalia all'interno delle potenze del G-8». Ma per ora, aggiunge, non si può prescindere dal tema della sicurezza. Sulle rinnovabili rivendica di aver portato a casa un buon risultato con il Quarto Conto Energia ma non risparmia una stoccata finale: «Vi confesso che ci siamo sentiti spesso soli, il sistema delle imprese è stato sovente alla finestra a vedere come andava a finire».
A fine assemblea, arrivano i primi commenti dei ministri alla relazione Marcegaglia. «Un ottimo discorso – per Maurizio Sacconi – che non dà colpe al Governo. Bene sullo statuto dei lavori, credo che presto lo si potrà presentare al Parlamento, se arriveranno altri giudizi positivi». Il ministro Altero Matteoli si dice invece sorpreso sia sul bilancio fatto da Marcegaglia per quanto riguarda le infrastrutture sia sul respiro della relazione, «più adatta – dice – ad un convegno di un partito politico che ad una assemblea di imprenditori». Lo stesso rilievo mosso da Roberto Calderoli, ministro della Semplificazione, che raccoglie comunque il pungolo di Confindustria su «liberalizzazioni, semplificazioni, infrastrutture e riforma fiscale: sfide che il Governo intende continuare ad affrontare nella terza parte di legislatura, e che intende vincere».
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