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Questo articolo è stato pubblicato il 27 maggio 2011 alle ore 22:10.

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L'attentato contro i caschi blu italiani in Libano (Epa)L'attentato contro i caschi blu italiani in Libano (Epa)

Pochi gli elementi certi e utili ad analizzare l'attentato che ha ferito sei militari italiani (due in modo grave) alle porte di Sidone, nel Libano meridionale. Il decesso di un militare italiano, inizialmente annunciato, è stato poi smentito dal portavoce dei caschi blu di Unifil, il tenente colonnello spagnolo Luis Aparicio, il quale ha precisato che tutti i feriti sono stati trasportati nell'ospedale di Hammoud, un piccolo sobborgo a nord-est di Beirut.

L'attentato è stato effettuato fuori dall'area operativa assegnata ai caschi blu e compresa tra il confine israeliano a sud (la cosiddetta "Blue Line") e il fiume Litani a nord. I soldati di Unifil fanno solitamente affluire mezzi, personale e materiali nel porto e aeroporto di Beirut da dove raggiungono il sud del Paese con colonne logistiche come quella italiana colpita dalla bomba. Muovendosi fuori dall'area loro assegnata i caschi blu non hanno alcun modo di prevenire attentati anche perché il percorso stradale è di fatto obbligato e costituito dalla superstrada che unisce Beirut a Sidone.

Secondo indiscrezioni raccolte da fonti ben informate l'esplosione è stata provocata da un radiocomando, probabilmente un telefono cellulare, sistema già utilizzato dai jihadisti in Iraq e Afghanistan. L'attacco è stato favorito dal fatto che i convogli logistici non utilizzano solitamente disturbatori elettronici dei segnali radio, impiegati invece per prevenire questo tipo di attentati dai mezzi operativi in movimento nell'area di pattugliamento assegnata a Unifil nel Libano meridionale. I quattro veicoli del convoglio italiano che da Beirut rientrava alla base di Shama, sede del comando italiano, comprendevano camion e autocarri leggeri VM 90 non protetti, uno dei quali è stato investito dall'esplosione.

L'ordigno esploso era stato nascosto dietro la barriera di cemento armato sul ciglio della superstrada, circa nello stesso luogo dove il primo agosto 2008 un ‘altra bomba esplose al passaggio di un convoglio di caschi blu irlandesi. Anche oggi i sospetti dell'intelligence sembrano concentrarsi sui jihadisti salafiti del movimento Jund al-Sham (Soldati del Levante), seguaci di al-Qaeda ben radicati soprattutto nel campo profughi palestinese di Ayn al-Hilwe, roccaforte degli estremisti nei pressi di Sidone dove l'anno scorso si scontrarono duramente i miliziani di Al-Fatah e di Jund al-Sham. Hezbollah ha condannato l'agguato. "Sgomento, dolore e rabbia" è stato espresso dal ministro degli Esteri del movimento sciita, Ali Daghmush, e dal portavoce Ibrahim al Moussawi. Hezbollah ha fatto presente di non avere sotto controllo l'area nella quale è avvenuto l'attentato. L'Italia, hanno aggiunto gli esponenti del movimento, "ha contribuito alla pace e alla stabilità nel sud, e ha protetto i cittadini che vi vivono".

Dal 2006 i caschi blu dell'Unifil sono rimasti coinvolti più volte in incidenti e attacchi, I più gravi:
- 7 marzo 2007: due caschi blu del contingente belga muoiono e altri due rimangono feriti in un incidente stradale lungo il confine con Israele.
- 24 giugno 2007: sei soldati Onu del contingente spagnolo muoiono in un attentato nella zona delle sorgenti di Dardara. L'esplosione fa saltare in aria una pattuglia di militari, causando la morte di tre soldati spagnoli e di altri tre di origini colombiane arruolati nell'esercito di Madrid.
- 25 luglio 2007: un artificiere francese muore per l'esplosione di un ordigno che stava cercando di disinnescare nei pressi del villaggio di Shamaa, 15 chilometri a sud di Tiro.
- 8 gennaio 2008: due militari irlandesi dell'Unifil rimangono feriti in modo non grave in seguito all'esplosione di un ordigno al passaggio del loro automezzo nel villaggio di Rmaileh, 35 chilometri a sud di Beirut.

Il contingente italiano (Operazione Leonte) è ancora il più numeroso tra i 29 che compongono Unifil ma sta rapidamente diminuendo gli effettivi rispetto ai 2.500 dell'inizio del 2010, quando terminò il triennio di comando del generale italiano Claudio Graziano. Attualmente sono presenti 1.500 militari della brigata meccanizzata Aosta, un'unità considerata di seconda linea al suo primo impiego in Libano. Schierata finora solo nei tranquilli fronti balcanici di Bosnia e Kosovo, l'Aosta ha rilevato il 10 giugno scorso la brigata Pozzuolo del Friuli che aveva completato il normale turno di sei mesi di schieramento in Libano. Il comando del contingente e' stanziato nella base "Millevoi" presso Shama (sede anche del Comando del Settore Ovest di Unifil), mentre i reparti sono suddivisi tra le basi di Maraka, Al Mansuri, Zibqin, Bayyadah e Hariss.

Una componente dell'Aviazione dell'Esercito (Task Force "Italair"), costituita da elicotteri AB-212, con compiti d'evacuazione sanitaria, ricognizione, ricerca e soccorso e collegamento, è basata a Naqoura, alle dipendenze dal Comandante di Unifil, il generale spagnolo Alberto Asarta Cuevas. E' inoltre presente una componente navale, la TF448. Il Parlamento autorizza la presenza in Libano di 1.780 militari italiani.

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