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Questo articolo è stato pubblicato il 29 maggio 2011 alle ore 08:11.

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«Sono sicuro di avere sempre operato per il bene e sono convinto che questa sentenza vada riformata». Così l'ex governatore di Banca d'Italia, Antonio Fazio, ha commentato la sentenza del tribunale di Milano che lo ha condannato a quattro anni di reclusione e un milione e mezzo di multa per la vicenda della tentata scalata ad Antonveneta da parte di Bpi. A raccontare il suo stato d'animo ieri è stato uno dei suoi legali, l'avvocato Roberto Borgogno, che dopo averlo sentito al telefono ha detto che Fazio vive questa sentenza come «una grande ingiustizia», sia «nel merito che nelle dimensioni». Per questo la strategia difensiva prevede l'impugnazione. Per Borgogno «la giustizia è stata fatta solo a metà», visto che l'ex capo della vigilanza Francesco Frasca (seguìto dallo stesso avvocato) è stato assolto. Sulla decisione del tribunale, secondo l'avvocato di Fazio, possono aver pesato le dichiarazioni di Fiorani, che durante il dibattimento aveva puntato il dito contro l'allora amico e numero uno di via Nazionale. Dichiarazioni che «per noi sono inattendibili». A rispondergli è stato l'avvocato di Fiorani, Carlo Cicorella: «Fiorani in aula ha detto solo la verità - è stato il commento - il suo non è stato un racconto inventato ed ha convinto il Tribunale».
Oltre a Fazio e Fiorani, il tribunale ha comminato tre anni di reclusione (più un milione di euro di multa e l'interdizione dai pubblici uffici per due anni) anche all'ex presidente di Unipol, Giovanni Consorte, e obbligato la compagnia banco-assicurativa bolognese al pagamento di una sanzione da 900 mila euro e alla confisca dei 39,6 milioni di euro realizzati come plusvalenza dalla vendita di azioni della banca nel 2005. Una sentenza «sorprendente» per Unipol, cui viene contestata la violazione della legge 231 del 2001 che impone alle società di prevenire i reati dei dipendenti. La tesi del gruppo é che le plusvalenze oggetto di confisca sono state realizzate in un periodo diverso rispetto da quello in esame al processo. La condanna e l'ordine di confisca, spiega il gruppo emiliano in una nota, «non tengono conto di quanto emerso nel corso del dibattimento circa l'impossibilità per Unipol di impedire condotte quali quelle contestate e della assoluta inesistenza di un profitto derivante dal reato». «Sia la condanna che la confisca - sottolinea il gruppo in una nota - sono sospese in attesa del completamento dei successivi gradi di giudizio e sino a che l'odierna sentenza non sia pertanto passata in giudicato». L'auspicio di Unipol è che «già nel successivo grado di giudizio, i principi normativi, come riconosciuti dalla giurisprudenza della Corte di Cassazione, vengano riaffermati e, conseguentemente, venga riconosciuta la non colpevolezza».
Innocente si dichiara anche Giovanni Consorte. «Mi aspettavo di essere assolto - ha detto l'ex presidente del gruppo - È una sentenza già scritta sei anni fa». Consorte ha ribadito di non aver «mai fatto parte di alcun patto occulto». «In tribunale - ha sottolineato - è emerso con chiarezza che non c'era un documento, un foglio di carta che attestasse questo teorema». «Spero solo - ironizza - che quando arriverò sul Golgota potrò avere un destino migliore di quello di Gesù Cristo».
Reazioni infine sono arrivate anche dal mondo politico e dei consumatori. Per il senatore Ivo Tarolli si tratta di una sentenza «incomprensibile» mentre «plaudono alla condanna» Adusbef e Federconsumatori.
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