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Questo articolo è stato pubblicato il 02 giugno 2011 alle ore 06:48.

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ROMA
Il compromesso alla fine è stato raggiunto. Angelino Alfano sarà il segretario politico del Pdl ma gli attuali coordinatori del partito rimarranno, sia pure ridimensionati. Silvio Berlusconi, nonostante le resistenze di Denis Verdini e soprattutto di Ignazio La Russa ha deciso di procedere alla nomina del Guardasigilli a cui verrà affidata in esclusiva la guida politica del Pdl. L'ufficio di presidenza del partito riunito ieri fino a tarda sera ha approvato la proposta all'unanimità. Entro giugno, forse già la prossima settimana, il Consiglio nazionale formalizzerà il suo nuovo ruolo che lo costringerà a lasciare rapidamente il ministero della Giustizia. Sul successore di Alfano continuano ad essere in pista, dopo il rifiuto di Fabrizio Cicchitto, sia Maurizio Lupi (non certo entusiasta per la candidatura) che Elio Vito.
Al termine dell'ufficio di presidenza Silvio Berlusconi ha improvvisato una conferenza stampa nella quale è partito all'attacco dei media: uno dei motivi della sconfitta elettorale è da addebitare a trasmissioni come Anno zero, «trasmissioni micidiali che hanno dato una visione distorta della realtà di Milano e delle città in cui si votava. Ci impegneremo in Parlamento affinchè questo non possa più accadere». Il premier ha poi annunciato il definitivo tramonto della formula 30-70 come ripartizione fra ex An ed ex Fi nel Pdl. E sul prossimo candidato premier ha risposto con un sostanziale no comment: «Decideremo».
La promozione di Alfano è arrivata dopo un'intensa attività doplomatica durante la quale non sono mancati momenti di tensione. Ad annunciarla è stato proprio il Cavaliere: «È giovane, amato da tutti ridarà slancio al partito», ha detto Berlusconi presentando il nuovo segretario politico del Pdl, una figura che in realtà non è prevista dallo statuto e che sarà provvisoriamente introdotta dal Consiglio nazionale della prossima settimana in attesa della ratifica congressuale. In questo modo Berlusconi conta di frenare le intemperanze provenienti dalle diverse anime del partito.
In realtà non è proprio così. E anche se si susseguono dichiarazioni entusiastiche nei confronti del neosegretario, sono diversi coloro che – a microfoni spenti – non nascondono perplessità. Del resto, la proposta lanciata da Franco Frattini nei giorni scorsi individuava sì in Alfano il coordinatore unico ma con accanto una segreteria politica. Frattini si è congratulato con il Guardasigilli ma resta defilato. Così come Claudio Scajola e Roberto Formigoni. Il governatore lombardo non a caso, pur salutando favorevolmente la nomina, ha rilanciato ancora una volta le primarie: «Alfano farà certamente bene al partito – ha detto – ma il problema, per quanto riguarda i cambiamenti, è trovare il modo dopo 3 anni di coinvolgere la gente ecco perché insisto con le primarie».
Anche gli ex An sono divisi. La linea portata avanti da La Russa, di affiancare ad Alfano un «vice» in rappresentanza degli ex An, non solo non è passata ma non è stata appoggiata neppure dagli ex colonnelli di via della Scrofa e soprattutto dal sindaco di Roma Gianni Alemanno e dal ministro delle Infrastrutture Altero Matteoli. La Russa rimarrà coordinatore ma solo con la delega per la propaganda mentre a Denis Verdini spetterà l'organizzazione (non è ancora chiaro il ruolo di Sandro Bondi le cui dimissioni sono congelate).
A brindare per la nomina di Alfano è l'ala siciliana del partito, che fa capo al presidente del Senato Renato Schifani, ma anche il capogruppo alla Camera Fabrizio Cicchitto (Berlusconi non è riuscito però a convincerlo a traslocare alla Giustizia) nonché Maria Stella Gelmini, un tempo indicata come concorrente per la guida del pdl, e anche il ministro delle Regioni Raffaele Fitto. La decisione dell'Ufficio di presidenza in ogni caso sancisce la fine del Pdl così come lo abbiamo conosciuto finora, a partire dalla ripartizione per quote (70/30) tra ex An ed ex Fi. Ma anche il partito del predellino, lanciato dal Cavaliere alla fine del 2007.
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