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Questo articolo è stato pubblicato il 04 giugno 2011 alle ore 08:12.

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MILANO
Business is business. I pragmatici cinesi lo sanno bene, comprendono il sacrificio, dimostrano di apprezzare il fatto che il Gotha dell'imprenditoria italiana seduta ai tavoli dell'Hotel Principe di Savoia abbia rinunciato al ponte festivo (l'unico del 2011) per presenziare all'incontro con la delegazione del Governo di Pechino guidata da Xi Jinping, il prossimo presidente della Repubblica popolare cinese.
Cento businessmen italiani, altrettanti cinesi (e molti sono rimasti esclusi, per mancanza di posti) alzano i calici: gambei, salute, brindisi a go go a segnare questo momento magico delle relazioni economiche tra Italia e Cina. A Roma, in mattinata, Xi Jinping e il premier Silvio Berlusconi hanno siglato accordi per oltre tre miliardi di dollari, il doppio delle due precedenti delegazioni.
È l'occasione giusta, questa, per dire una volta per tutte che l'Italia e la Cina, ora, filano d'amore e d'accordo e che ci sono ampi margini per incrementare l'interscambio fino a ben oltre il tetto dei 100 miliardi di euro preconizzato proprio da Berlusconi entro il 2015. «Ci sono alcune sinergie importanti, siamo interessati ad aumentare la nostra presenza in Cina», sottolinea Emma Marcegaglia. Al tavolo d'onore, il vice presidente Xi Jinping ha alla sua sinistra la presidente di Confindustria, l'ambasciatore Ding Wei, il presidente della fondazione Italia-Cina Cesare Romiti. Alla destra John Elkann, presidente della Fiat, e Zhong Shan, vice ministro per il commercio estero cinese. Di fronte, affiancati, i ministri dello Sviluppo economico Paolo Romani e delle Finanze Giulio Tremonti che, grazie agli interpreti, dialogano senza sosta con l'illustre ospite.
Si parla, a tavola, anche dopo i discorsi ufficiali dal podio, aperti dal presidente dell'Ice, Umberto Vattani che annuncia il varo di una cittadella del design alla Tongji university di Shanghai. Cesare Romiti riassume i legami strettissimi e storici con la Cina, la presidente Emma Marcegaglia si sofferma sulle opportunità che l'Italia può offrire in settori ad alto livello tecnologico come quello delle energie rinnovabili, il ministro Paolo Romani assicura di voler rimettere all'opera la commissione mista tra i due paesi ferma dal 2008, e il ministro Giulio Tremonti, ricordando le sue ultime visite alla scuola del partito comunista a Pechino, dice chiaro e tondo: «Oggi la Cina è un'opportunità».
Xi Jinping ha obiettivi chiari: «Le porte sono aperte agli investitori esteri, oggi più che mai, però vogliamo scelte di qualità. Vogliamo che si scelgano le regioni del centro e dell'ovest. Vogliamo più studenti: in Europa ce ne sono 200mila, in Cina 20mila. In cambio siamo pronti a difendere la proprietà intellettuale di chi viene in Cina».
Gambei, dunque. E mentre il convivio procede e il cerchio della security non accenna ad allentarsi data l'alta densità di vip, fuori dall'albergo si forma un capannello di cinesi della comunità immigrata. I gradi di separazione, per loro, sfumano velocemente. Francesco Zhu, imprenditore, dice: «Torniamo domani alle dieci per farci le foto con lui». Siete sicuri? Con un uomo così potente? «Sì, certo. È potente ma, soprattutto, Xi Jinping è un uomo buono».
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