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Questo articolo è stato pubblicato il 06 giugno 2011 alle ore 06:36.

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Quello che si è appena chiuso è l'ultimo ponte senza la tassa di soggiorno. Domani scade infatti anche il termine che il Governo si era dato, senza troppa convinzione, per scrivere le regole della nuova imposta: senza il regolamento governativo, i Comuni capoluogo di provincia e quelli classificati come «turistici» dalle proprie Regioni possono da domani fare come vogliono, ovviamente senza superare i 5 euro a notte fissati dalla legge sul federalismo municipale.
L'assenza del regolamento governativo, che ha fatto infuriare gli operatori tanto quanto la stessa introduzione dell'imposta nel decreto pubblicato il 14 marzo in «Gazzetta Ufficiale», non è un dettaglio. A differenza di quanto accade per l'addizionale Irpef, che già nella legge trova criteri di applicazione piuttosto rigidi, nella tassa di soggiorno il regolamento, che andava concertato con albergatori e imprenditori, era chiamato a decidere su temi cruciali. Anzitutto la «gradualità» richiamata dalla legge, che chiede di limitare l'eventuale richiesta massima di 5 euro a chi soggiorna negli hotel più cari: senza parametri ministeriali, questa progressività può trovare tante declinazioni quanti sono i Comuni e la stessa tipologia di albergo può essere costretta a chiedere cifre diverse in due Comuni confinanti.
Ancora più delicata è la questione della destinazione a cui indirizzare il gettito. Nel tentativo di placare le ire degli albergatori, che nel nuovo meccanismo ricoprono anche (gratis) il ruolo di sostituto d'imposta per l'ente locale, il decreto sul fisco dei sindaci prevede che l'obolo chiesto a chi viaggia vada a finanziare «interventi in materia di turismo». Il fine è nobile, la traduzione pratica è vaga: tra questi interventi, il decreto cita, a titolo di esempio e non come elenco tassativo, il «sostegno delle strutture ricettive, nonché interventi di manutenzione, fruizione e recupero dei beni culturali ed ambientali locali, nonché dei relativi servizi pubblici locali». In pratica, tutto.
Gli albergatori speravano nel confronto sulla stesura del regolamento per limitare un po' l'orizzonte sconfinato delle risorse, e cercare di recuperare davvero sotto forma di servizi al settore la spesa aggiuntiva chiesta ai turisti. Senza le regole governative, la questione è lasciata al buon cuore dei sindaci; l'esperienza, peraltro, mostra che anche altre entrate, vincolate in maniera più netta, sono in realtà finite a coprire le voci di bilancio più diverse, senza alcun controllo reale (basta ricordare le multe, che dovrebbero finanziare la sicurezza stradale). L'antipasto di Roma, che già dall'anno scorso applica la tassa sui turisti grazie a una norma «ad urbem», non aiuta, perché in quel caso è la stessa legge a prevedere che gli introiti servano per sostenere l'equilibrio incerto dei conti capitolini.
Pur nell'incertezza delle regole, sono comunque molti i Comuni che stanno già muovendo i loro passi. A Firenze è in corso la discussione in consiglio comunale e l'obiettivo, raccontano dagli uffici tecnici, è mandare l'imposta a regime già dal prossimo primo luglio. Il livello di imposizione sarà collegato alla classificazione e alla tipologia di struttura. Per gli alberghi, un euro a notte per ogni stella fino a cinque euro. I campeggi fino a tre stelle pagheranno un euro, quelli a quattro stelle due euro. Gli agriturismo varieranno da uno a tre euro. Saranno colpiti anche affittacamere professionali (due euro) e residence (da due a tre euro). In ballo ci sono cifre piuttosto consistenti. L'ipotesi – dicono dal Comune – è di raccogliere circa dieci milioni nei primi sei mesi. Su base annua il gettito dovrebbe aggirarsi intorno ai 18-19 milioni.
Più meno quanto si aspetta di racimolare Venezia. In laguna sperano di arrivare addirittura a quota 20 milioni. Come racconta il vicesindaco, Sandro Simionato: «La giunta ha intenzione di presentare al consiglio la delibera che istituisce l'imposta già domani, con decorrenza applicativa dal primo luglio». Saranno colpite tanto le strutture alberghiere che quelle extralberghiere e all'aperto. Mentre saranno esclusi gli ostelli. «L'imposta – dice ancora Simionato – sarà applicata fino a un determinato numero di pernottamenti consecutivi: stiamo lavorando all'ipotesi di dieci giorni per gli alberghi e cinque per gli altri».
Non tutti, però, sono stati così veloci. O, magari, hanno solo preferito aspettare. «A Capri – spiega il sindaco Ciro Lembo - stiamo predisponendo un regolamento per fissare le varie tariffe, da applicare a partire dal prossimo anno». Ma l'amministrazione preferirebbe percorrere altre strade. «L'imposta di soggiorno – prosegue il sindaco – ci interessa poco. Se ci sarà data la possibilità di creare una tassa sugli sbarchi, la preferiremo». In questo modo si potrebbe colpire il turismo "mordi e fuggi", raccogliendo con facilità anche 3 milioni all'anno.
Non è, invece, in discussione la scelta di Stresa. «La stiamo istituendo – afferma l'assessore al bilancio, Emanuele Iacono - e partirà dal 2012. Abbiamo preso qualche mese per dare tempo agli operatori turistici di calcolarla nei loro pacchetti». L'imposizione dovrebbe generare attivi per circa 200mila euro.
Sono ancora indecisi a Perugia. L'assessore al bilancio, Livia Mercati, racconta: «È un'imposta che presenta molti problemi, sia politici sia tecnici. Per adesso stiamo valutando cosa fare». Ma sul piatto per il capoluogo umbro ci sono introiti possibili per 2,5 milioni.

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