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Questo articolo è stato pubblicato il 06 giugno 2011 alle ore 08:39.
Pronostici confermati nelle elezioni politiche anticipate in Portogallo: il premier uscente Josè Socrates è stato nettamente battuto dalle urne e ha dichiarato che intende lasciare anche la carica di segretario generale del Partito socialista (Ps) per «ridiventare un semplice militante».
Socrates si è subito congratulato con il leader del Partito socialdemocratico (Psd, di centrodestra nonostante il nome) Pedro Passos Coelho per la sua «chiara vittoria». Già nella tarda serata di domenica le edizioni online dei due principali giornali portoghesi, il più tradizionale "Diário de noticías" e l'innovativo "Público" hanno potuto fornire i risultati in percentuali e seggi, ora pressoché definitivi: 38,6% dei voti e 105 deputati sui 230 dell'Assemblea nazionale (il Parlamento monocamerale di Lisbona) per il Psd, contro il 28% dei suffragi e 73 seggi dei socialisti. Passos Coelho dovrebbe governare in coalizione con l'altro partito della destra portoghese, il Cds-Pp (Centro democratico sociale-Partito popolare) di Paulo Portas, che ha ottenuto ll'11,7% dei voti e 24 deputati. Molto alto il numero degli astenuti, più del 41 per cento degli elettori.
Ma ora che Socrates ha annunciato la sua uscita di scena, non si esclude che a Lisbona possa formarsi una maggioranza parlamentare più ampia, comprendente anche il Partito socialista. Secondo la stampa portoghese, infatti, sarebbe soprattutto il capo dello Stato Anibal Cavaco Silva a caldeggiare una possibile "grande coalizione" fra i tre partiti che sul prestito da 78 miliardi di euro hanno accettato le "forche caudine" di Ue e Fmi, per dare al prossimo governo più forza nella gestione della crisi. Le severe condizioni del prestito sono state invece rigettate dai due partiti della sinistra portoghese più intransigente: Cdu (comunisti-verdi, 8% e 16 seggi) e Bloco de Esquerda (post-trotzkysti, 5% e 8 seggi). Restano da aggiudicare i 4 seggi destinati ai deputati eletti all'estero, che saranno conosciuti soltanto il 15 giugno prossimo.
Coelho, 46 anni, è visto dai suoi sostenitori come il "Cameron lusitano": difensore del moderno in politica, al pari del premier conservatore britannico, tiene anche alla tradizione e sa cantare il "fado" da discreto baritono. In campagna elettorale ha presentato al paese una immagine di "forza tranquilla", all'antitesi delle uscite umorali del suo avversario, il premier socialista Socrates, che lo ha accusato di avere «aperto le porte del paese al Fmi». Negli ultimi mesi Coelho ha fatto opposizione dura, ma in nome dell'interesse nazionale ha appoggiato i tre giri di vite antideficit imposti dal governo socialista, per evitare il ricorso al salvataggio internazionale. Poi ha bloccato il quarto e messo fine "all'agonia" del governo Socrates. Ma a Lisbona l'ottimismo non è più di casa e il sentimento che pervade la gente è la "saudade", quel misto di nostalgia del passato e rassegnazione, insito nel carattere dei portoghesi ed espresso nella musica del "fado" (che il regista Wim Wenders ha ben saputo rappresentare nel film "Lisbon Story").
Nei secoli passati il piccolo Portogallo, quasi nascosto dietro la Spagna, pareva voltare le spalle al vecchio Continente per guardare agli immensi spazi dell'Oceano Atlantico. Rientrato a pieno titolo nella storia d'Europa nell'aprile 1974 con la "rivoluzione dei garofani", il Portogallo – dopo la breve parentesi dei militari filo-marxisti al potere e qualche anno di anticamera – ha potuto entrare nella Comunità europea nel 1986
(insieme con la Spagna), organizzare con "Expo '98" l'ultima grande esposizione universale del XX secolo e agganciarsi al treno di Maastricht, facendo parte degli undici paesi fondatori dell'Unione monetaria europea.
Adesso il 40% dei giovani diplomati è senza lavoro e nella piazza del Rossío, cuore della capitale portoghese, come nelle stradine che scendono verso la foce del Tago, ha ripreso vigore nelle ultime settimane, sulla scia degli "indignados" spagnoli il movimento locale della "Geração a rasca" (Generazione nei guai). Fra i grandi delusi c'è Otelo de Carvalo, 75 anni, che guidò nel 1974 il "movimento dei capitani" e la conquista pacifica del potere da parte dei militari a Lisbona: «Dopo quasi mezzo secolo di dittatura salazarista, meritavamo altro che vedere due milioni di portoghesi che ancora vivono in povertà», ha dichiarato in un'intervista. «Se avessi saputo che sarebbe finita così, non avrei fatto la rivoluzione: mi sarei dimesso dall'esercito e forse avrei fatto come i nostri giovani, sarei partito per l'estero». Molti portoghesi hanno infatti ripreso in mano la valigia di cartone dei loro padri emigrati e sono partiti.
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