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Questo articolo è stato pubblicato il 08 giugno 2011 alle ore 13:01.

In serata il Tribunale Supremo Federale (Tsf) brasiliano deciderà in sessione plenaria il futuro di Cesare Battisti, l'ex terrorista rosso condannato a 4 ergastoli in Italia. Battisti si è detto «ansioso ed apprensivo» per l'esito del giudizio della corte di Brasilia che dovrà in sintesi valutare il ricorso del governo italiano avverso alla decisione dell'ex presidente Luiz Inacio Lula da Silva che il 31 dicembre scorso, nell'ultimo giorno del suo mandato, negò l'estradizione in Italia. Roma sostiene che la scelta di Lula ha violato il trattato bilaterale tra Italia e Brasile.
Il governo italiano chiede che il Tsf faccia seguito alla decisione a favore dell'estradizione assunta il 18 novembre del 2009. Decisione che il Tsf vincolò - innovando la prassi - al parere finale del presidente della repubblica.
Il Tsf dovrà ora valutare se i motivi addotti da Lula per non estradare l'ex leader del Proletari Armati per il Comunismo (Pac) sono conformi al Trattato bilaterale in vigore fra Italia e Brasile. Fino alla sentenza Battisti rimarrà rinchiuso nel carcere di Papuda, a Brasilia, per evitare il pericolo di fuga.
Battisti, rifugiatosi in Brasile nel 2007 dopo essere scappato dal buen retiro a Parigi dove ha vissuto dal 1990, sta al momento scontando una pena di due anni per l'ingresso illegale in Brasile con un passaporto falso. Inizialmente l'ex ministro della Giustizia Tarso Genro, fedelissimo di Lula, aveva concesso a Battisti lo status di rifugiato politico, revocato dal Tsf.
Il nodo è quale siano i poteri effettivi dei presidenti brasiliani in materia: se cioè possano scegliere di ignorare le sentenze di Tsf, forte del parere dell'Avvocatura dello Stato, come ha fatto Lula. Ciò anche alla luce del fatto che la Corte ha stabilito che i reati di cui è accusato Battisti sono crimini comuni, e non politici.
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