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Questo articolo è stato pubblicato il 08 giugno 2011 alle ore 06:39.

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Silvio Berlusconi, Giulio Tremonti e Umberto Bossi (Ansa)Silvio Berlusconi, Giulio Tremonti e Umberto Bossi (Ansa)

La Lega si smarca. All'indomani del vertice di Arcore, Umberto Bossi fa scrivere sulla Padania che sta ora a «Berlusconi e Tremonti» trovare «la quadra» sul taglio delle tasse. Contemporaneamente Roberto Calderoli presenta a sorpresa una proposta di legge d'iniziativa popolare per la «territorializzazione dei ministeri», annunciando che la raccolta delle 50mila firme partirà domenica 19 a Pontida. Il raduno annuale dei Lumbard alle pendici del Monte Canto è in cima ai pensieri di Bossi e dei suoi colonnelli, che dopo la «sberla» elettorale temono la reazione della base. Di qui la necessità di non presentarsi a mani vuote.

Domani sul tavolo del Consiglio dei ministri arriverà un Dpcm che darà il via libera all'apertura di quegli uffici di rappresentanza «altamente operativi» di alcuni ministeri al Nord. Un provvedimento scritto su misura per i dicasteri di Bossi e Calderoli. Il Senatur ne ha parlato con Gianni Letta a margine della riunione del pre-consiglio di ieri. Anche la scelta del provvedimento – un decreto della presidenza del Consiglio da cui dipendono formalmente sia il dicastero delle Riforme che quello della Semplificazione – conferma che l'obiettivo principale è quello di poter dire domenica che il Senatur e il suo colonnello d'ora in poi adempiranno ai loro doveri di governo direttamente da casa.

Bossi sa bene che la storia dei ministeri è poca cosa. Ma per ora non può offrire di più e per questo rinviala palla nel campo del premier e del ministro dell'Economia, invitandoli a «trovare la quadra». La soluzione però è lontana. Il premier negli sfoghi con i suoi, continua a ripetere – lo ha fatto anche ieri – che «Tremonti deve fare qualcosa», ovvero «allentare i cordoni della borsa», ma è un refrain che dopo ogni faccia a faccia con il ministro dell'Economia diventa sempre meno convincente. Il Cavaliere si sente assediato e sospetta un po' di tutti. La scelta di Alfano come segretario politico del Pdl non ha placato i malumori interni al partito, che potrebbero esplodere in occasione del Consiglio nazionale in cui si formalizzerà il nuovo incarico del Guardasigilli.

La mossa di Calderoli sulla proposta di legge per il trasferimento dei ministeri certo non aiuta a rasserenare gli animi. Alemanno e Polverini, ma anche molti altri dirigenti del Pdl sostenuti dall'opposizione, minacciano fuoco e fiamme contro l'iniziativa leghista, di cui oggi certamente si parlerà in occasione del vertice di Palazzo Grazioli che ha all'ordine del giorno la scelta della data per il Consiglio nazionale, inizialmente previsto per il 18 ma che potrebbe slittare a fine giugno. Sul tavolo anche le primarie per la scelta dei candidati, cheste a gran voce ormai da molti big del Pdl.

La tensione continua dunque a salire. I responsabili sono in fibrillazione e Gianfranco Miccichè ha minacciato l'uscita dai gruppi del Pdl dei parlamentari di Forza Sud. Intanto ieri sera un vertice a sorpresa durato tre ore ha visto la partecipazione di Berlusconi, Tremonti, Bossi e Calderoli. Un quadro a dir poco inquietante a pochi giorni dal voto sui referendum e con la verifica parlamentare ormai alle porte. Un appuntamento quest'ultimo che presenta non pochi ostacoli. Primo fra tutti la necessità di completare la squadra di governo, come ha chiesto esplicitamente al premier il Capo dello Stato. All'appello manca ancora il ministro delle Politiche comunitarie e in prospettiva quello della Giustizia, visto che Alfano ha già detto che lascerà il dicastero di via Arenula. Ma il sostituto dell'attuale Guardasigilli non è ancora stato trovato (ieri circolava il nome di Franco Frattini) e per questo il Cavaliere ha già cominciato a dire che non ci sarebbe nessuno scandalo se Alfano rimanesse in carica fino a settembre.

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