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Questo articolo è stato pubblicato il 13 giugno 2011 alle ore 08:18.

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Nba, Dallas Mavericks vincono il titolo 2011 (Afp)Nba, Dallas Mavericks vincono il titolo 2011 (Afp)

L'anello lo avrà al dito fra qualche mese, ma quel trofeo che vuol dire essere il più forte al mondo l'ha già sollevato al cielo stanotte, o più dolce e crudele, sul campo di quegli avversari di cui avrebbe dovuto essere vittima sacrificale,e che lo avevano deriso per aver giocato (e vinto) gara-4 di finale malgrado febbre e tosse. Dirk Nowitzki e i suoi Dallas Mavericks sono campioni Nba. LeBron James e i suoi Miami Heat il titolo lo sfiorano appena, al primo anno di un progetto che ha visto sbarcare in Florida anche Chris Bosh a fianco del fenomenale Dwayne Wade: un risultato eccellente per qualsiasi altra franchigia; un fallimento per gli Heat che hanno spinto Lebron alla "Decision" della scorsa estate, con brusco e brutale addio a Cleveland. E per "Il Re" adesso è l'ora dei processi

La chiave – Una regola matematica della sfida: se segna oltre 90 punti, Dallas vince. Regola confermata anche stanotte, coi Mavs che chiudono 105 a 95, e segnano ben 11 (su 26) triple (erano state 13 in gara-5). Non è solo questione di punti fatti, ma di ritmo, predisposizione naturale, fiducia, fluidità di gioco e mentale. Miami ha costruito la fase vincente della sua stagione sulla difesa: persa quella certezza, gli Heat sono ricaduti nei vizi di inizio stagione: esecuzioni incomplete in attacco, gioco stagnante nelle mani di Wade e (soprattutto) James, difficoltà a coinvolgere il supporting cast (malgrado l'ottimo Chalmers, 18 punti e 7 assist anche stanotte)
Fattore Dirk - L'abbiamo già detto e scritto: Nowitzki dei Mavs non è stato solo il top scorer (anche stanotte 21 punti e 11 rimbalzi), ma il leader e il regista occulto, vera fonte di gioco, il trascinatore anche nella guerra psicologica contro il duo Wade-James (biasimati da tutta l'America per la ridicola scenetta della finta tosse con cui hanno voluto deridere il tedesco influenzato). E' sembrato di rivedere in campo due fenomenali lunghi che hanno segnato la storia del basket europeo e mondiale (Nba compresa, per quanto riguarda il secondo): lo jugoslavo Cosic e il lituano Sabonis, capaci di guidare la squadra e i compagni dalla posizione di centro. Oppure, stavolta, abbiamo più semplicemente visto Dirk Nowitzki. Ed è bastato eccome

Jason e JJ – Ovvero Terry e Barea. Il primo ha riscattato alla grande l'amarezza della finale 2006, e si dimostrato pronto nei momenti chiave a supportare in attacco WunderDirk (anche in gara-6 27 punti, 11/16 dal campo comprese 3 triple). Il portoricano, cui coach Carlisle a inizio serie preferiva in quintetto Stevenson, ha fatto saltare la difesa Heat a forza di ritmo (Bibby è stato annullato dalla finale), penetrazioni, canestri da 3 (in gara-6, 15 punti e 5 assist). Ma decisivo è stato sottocanestro anche Chandler, così come sui due lati del campo Shawn Marion ha avuto un impatto determinante (12p + 8r). Poi c'è stata tutta la sapienza cestistica di Jason Kidd, che a 38 anni e dopo due finali perse in maglia Nets, ha ricordato a tutti che se le gambe tengono e mani e testa girano alla grande, spazio nella Lega per lui ce n'è per molte stagioni ancora
Trionfo di coach – Impossibile dimenticare, poi il contributo dato alla causa da coach Carlisle, che è stato capace di fare a meno di una stella come Butler e di un prezioso rincalzo come Beabuois, e di mettere ai margini delle rotazioni nella finale Haywood (peraltro anche lui infortunato) e Stojakovic (improponibile in difesa e impreciso nella sua specialità, il tiro dalla lunga distanza): capolavoro del tecnico che, val la pena ricordarlo, aveva ridicolizzato gli ultimi Lakers targati Phil Jackson. Il tutto per la gioia di Mark Cubain, l'eccentrico miliardario proprietario dei Mavs, che per anni ha fatto e disfatto la squadra, e che ora finalmente agguanta l'anello di campione

Processo al Prescelto – Miami s'interroga ora su una stagione dai due voltii. Al primo anno del progetto partito quest'estate, gli Heat conquistano la finale e la supremazia a Est. Ma Miami da inizio hanno ha dichiarato che l'obiettivo era vincerlo, il titolo, e allora non può che essere l'ora dei processi. Sul banco degli imputati sempre lui, LeBron James: il più forte giocatore del pianeta (21 punti, 4 rimbalzi, 6 assist in gara-6) è al secondo ko in finale in carriera, e ancora all'asciutto dopo nove anni in Nba. Il dubbio che non sia un vincente, ormai, lo sollevano in molti, unito al fatto che vero leader del gruppo, James, non riesce ad esserlo, delegando volentieri il ruolo a uno Wade straordinario anche in questa finale (17p+8r+6a stanotte). Più defilato è stato, nel complesso, il ruolo dell'altro big, Bosh, che pure ha saputo riciclarsi nel ruolo di comprimario di lusso. Ma ora l'america guarda LeBron: con la serrata alle porte e questa delusione amara tutta da smaltire, King James dovrà riflettere sugli errori fatti, per trovare nuove energie e ripartire alla caccia di quell'anello che rischia di diventare .

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