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Questo articolo è stato pubblicato il 14 giugno 2011 alle ore 06:38.

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Alle 18,21, Standard&Poor's intona il De Profundis sul debito greco. Ma l'euro non si scompone, come se nulla fosse stato. Tre quarti d'ora più tardi accade l'inverosimile: l'euro rimbalza sul dollaro (fino a 1,443) e, dopo aver ritoccato un nuovo minimo storico (a 1,2), recupera persino sul franco svizzero. Gli investitori hanno ricoperto le posizioni ribassiste aperte nelle ultime tre sedute. Perché proprio dopo il De Profundis di S&P's? Perché una così brutta notizia non è stata capace di far affondare la valuta europea, sostengono gli operatori. Ed ecco altri investitori ricomprarsi un poco di titoli italiani e persino spagnoli e vendere, invece, qualche Bund. Ed ecco Wall Street risalire e i Treasury scendere un pochino.
Capiremo solo domani se questa "strana" reazione sia in grado di disegnare una nuova tendenza. Quella che s'era intravista negli ultimi giorni suggeriva una ripresa del dollaro e un sensibile aumento del rischio su tutti i mercati del credito. In Europa, con gli spread dei Paesi a rischio (pure quelli di Spagna e Italia) ai massimi da inizio anno e i Cds ai massimi storici su Grecia, Portogallo e Irlanda, anche il costo per assicurarsi dal fallimento del debito societario era tornato ai livelli meno rassicuranti di agosto-settembre: soprattutto per i titoli a miglior rating, i cui Cds sono saliti a 110 punti dai 96 di un mese fa (per i titoli ad alto rendimento i Cds sono passati da 352 punti a 401).
Segnali di un maggior rischio sono stati avvertiti negli Usa nelle ultime settimane. Peter Tchir di Tf Market Advisors sostiene che i bond societari recentemente emessi (in abbondanza) non stanno salendo e che i volumi di contrattazioni sono sottili. Inoltre, i Cds sui corporate bond sono trattati a prezzi «inferiori al fair value», denotando un eccesso di ottimismo. Un'inversione di tendenza sembrerebbe nell'aria. Tanto più, se dovessero rivelarsi esatte le supposizioni del Financial Times, secondo il quale le banche Usa sarebbero intenzionate a ridurre il portafoglio di Treasury verso agosto.
Ma il segnale più preoccupante lo sta dando la volatilità delle opzioni sul cambio euro/dollaro, salita dallo 0,6 del 27 aprile all'1,8 di ieri, con un'accelerazione nelle ultime sedute, quando s'è capito che la Fed non avrebbe fatto un nuovo quantitative easing.
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Sale la volatilità sulla moneta unica
Segnali sulla tendenza
La volatilità delle opzioni a un mese sul cambio euro/dollaro è triplicata in un mese e mezzo a 1,8. È un segnale dell'aumentato rischio sulla valuta europea. Si può notare che ad ogni balzo significativo della volatilità (come a fine novembre, quando l'indice aveva toccato quota 2,15) era seguita, qualche giorno dopo, una forte correzione dell'euro (in quel caso fino a 1,29 segnato il 9 gennaio). Ma, al momento, la valuta europea sembra tenere le posizioni

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