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Questo articolo è stato pubblicato il 15 giugno 2011 alle ore 06:36.

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Una riforma fiscale a più tappe, secondo la logica dei "moduli" della vecchia legge delega del 2003, per disegnare a regime un fisco su tre aliquote Irpef, applicate su scaglioni che verranno definiti nel dettaglio nei successivi decreti legislativi. Il primo step riguarda l'aliquota Irpef del 23%, applicata ai redditi fino a 15mila euro, che verrebbe ridotta al 20 per cento. Manovra da 9,5 miliardi, da concentrare nel «primo modulo», che verrebbe finanziata dall'aumento dell'Iva e dal taglio delle agevolazioni. I tecnici dell'Economia si muovono a questo riguardo su due scenari: il primo prevede l'aumento di un punto dell'aliquota del 10% e di quella ordinaria del 20%; il secondo l'aumento di due punti dell'aliquota ridotta del 4 per cento. Non si esclude la possibilità (se le condizioni politiche lo consentiranno) che questa prima parte della riforma possa essere anticipata a fine anno con effetto dal 2012.

Gli altri "moduli" proiettano la riforma dell'Irpef sull'arco della legislatura. Entro il 2013 il sistema a tre aliquote dovrebbe divenire operativo a tutti gli effetti. Una delle ipotesi allo studio fissa per fine percorso le tre aliquote al 20, 30 e 40 per cento. Dal 2008, dopo il ritocco operato dal governo Prodi, le aliquote sono cinque: 23% per cento fino a 15mila euro, 27% da 15mila a 28mila, 38% da 28 a 55mila euro, 41% da 55mila a 75mila euro, il 43% oltre 75mila euro.

Il riferimento è alla legge delega del 2003, che peraltro prevedeva come obiettivo finale due sole aliquote: 23% fino a 100mila euro, 33% oltre tale soglia, per un costo stimato allora in 18 miliardi. Delega che trovò concreta applicazione nella riforma dell'Ires e nei due «moduli» del 2003 e del 2005: con il primo si mise in campo uno sconto di 5,5 miliardi a beneficio dei redditi fino a 25mila euro e contestuale istituzione della «no tax area» fino a 7.500 euro.

Con il secondo modulo si prevedevano circa 6,5 miliardi di riduzioni fiscali a regime, e la struttura delle aliquote (poi rivista dal governo Prodi) prevedeva il 23% sui redditi fino a 26mila euro, il 33% da 26mila a 33.500 euro, il 39% oltre tale soglia cui si aggiungeva una quarta aliquota di fatto (sotto forma di «contributo di solidarietà») sulla parte di reddito che eccedeva i 100mila euro.

È chiaro che la nuova struttura del prelievo Irpef dipenderà dagli scaglioni di reddito cui verranno applicate le tre aliquote. Lo stesso ministro dell'Economia, Giulio Tremonti ha chiarito che l'esatta definizione di scaglioni e aliquote sarà messa a punto in funzione delle risorse disponibili. Nel disegno di legge delega, cui verrà attribuito il rango di "collegato" alla manovra, vi sarà l'indicazione di percorso verso le tre aliquote, e anche la prima definizione di massima degli scaglioni. Assumendo per certo che la prima aliquota di applicherà allo scaglione fino a 15-20mila euro, si tratta di decidere come distribuire il carico fiscale tra l'aliquota successiva (30%) che potrebbe applicarsi ai redditi da 20 a 55-70 mila euro, e quella più alta oltre tale tetto.

In un recente studio del Cer si ipotizza una manovra congiunta di aumento dell'Iva e riduzione dell'Irpef: nel primo anno il reddito disponibile a prezzi costanti crescerebbe dello 0,2% fino allo 0,4% nel terzo e quarto anno, con un aumento dei prezzi dell'1,5% nel primo anno, dell'1,6% nel secondo e dell'1,8% nel terzo. Il Nens propone di ridurre la prima aliquota dal 23% al 20% e quella del 38 al 36%, rendendo "piatte" anzichè decrescenti le detrazioni per fonte dei reddito ed eliminando gran parte delle attuali agevolazioni. Costo: 26,8 miliardi.

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