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Questo articolo è stato pubblicato il 17 giugno 2011 alle ore 06:38.

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Per i fondi comuni arriva la tassa sul «realizzato» (Imagoeconomica)Per i fondi comuni arriva la tassa sul «realizzato» (Imagoeconomica)

Il conto alla rovescia segna ormai -14 giorni, solo due settimane dallo storico cambio del regime di tassazione previsto per i fondi comuni d'investimento di diritto italiano, varato con l'approvazione definitiva del decreto milleproroghe nel febbraio scorso. Dal 1° luglio l'imposizione passerà dalla tassazione sul maturato in capo al fondo, dove è la Sgr che si preoccupa di prelevare direttamente l'imposta del 12,5% sull'incremento di valore che via via genera nel corso dell'anno, alla tassazione a carico del sottoscrittore sul risultato effettivamente realizzato al momento del disinvestimento. E i valori delle quote di tutti i fondi saranno al lordo delle imposte, come già avviene per fondi e Sicav di diritto estero armonizzati.

In attesa delle Entrate
Tuttavia, restano ancora da definire alcuni "piccoli", ma importanti dettagli. Precisazioni che dovrebbero arrivare a giorni, o forse anche nelle prossime ore, da parte dell'agenzia delle Entrate che, nell'attesa, tiene con il fiato sospeso società di gestione, banche depositarie, banche corrispondenti e gli altri intermediari coinvolti nel processo di distribuzione dei fondi, che dovranno poi apportare in tutta fretta gli ultimi ritocchi ai propri sistemi informatici per gestire un passaggio che si preannuncia epocale per l'industria del risparmio gestito italiano. E che, a questo punto, con molta probabilità potrebbe causare qualche problema tecnico nella gestione del change over fiscale da parte degli operatori.
Una riforma chiesta da anni a gran voce dai gestori, che porterà tutta una serie di novità anche per i sottoscrittori.

Cosa cambia per l'investitore
Il 1° luglio 2011 sarà una sorta di anno zero per i possessori di fondi italiani. Il giorno prima la Sgr scatterà una fotografia del valore della quota per definire la nuova base di calcolo della tassazione a carico dell'investitore che sarà applicata al momento del disinvestimento. Dal punto di vista fiscale, quindi, ci sarà una scissione in due dell'investimento e nella prima fase per il risparmiatore non cambierà nulla perché ci avrà già pensato il fondo a saldare i conti con il fisco.
Nel sottoscrivere in futuro un fondo italiano, invece, il risparmiatore dovrà considerare anche gli aspetti fiscali dell'investimento. Come del resto già avviene per qualsiasi altro strumento finanziario acquistato fuori dal regime del risparmio gestito. Anche il "fondista italiano" dovrà quindi iniziare a districarsi nel ginepraio della tassazione dei redditi diversi e redditi di capitale (si veda la tabella nella pagina).

I nodi da sciogliere
A semplificare la vita al risparmiatore ci penserà comunque la Sgr o il soggetto che ha collocato il fondo, che agirà da sostituto d'imposta e applicherà la ritenuta sui proventi (dividendi e delta Nav, ovvero differenza tra i valori di sottoscrizione e rimborso delle quote) e rilascerà la certificazione delle minusvalenze derivanti dalla partecipazione al fondo. Un passaggio, quest'ultimo, fondamentale e su cui si attende un primo chiarimento da parte delle Entrate. Dal documento conclusivo preparato dalla task force, coordinata da mesi da Assogestioni, emerge che dal 1° luglio, in caso di guadagno derivante dalla partecipazione al fondo, sarà la Sgr che fungerà da sostituto d'imposta, prelevando per conto del Fisco il 12,5% sulla plusvalenza (reddito di capitale) realizzata dall'investitore al momento del disinvestimento. Ritenuta che sarà in realtà trattenuta dalla Sgr per compensare fino ad esaurimento i crediti d'imposta, generati dall'attuale sistema di tassazione sul maturato, presenti in uno dei suoi fondi.

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