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Questo articolo è stato pubblicato il 18 giugno 2011 alle ore 08:13.

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LOS ANGELES
Il mondo imprenditoriale ha voltato sdegnosamente le spalle al presidente Obama. In un imbarazzante episodio avvenuto giovedì a Washington, l'inviato della Casa Bianca a una conferenza di industriali è stato sommmerso di critiche e lamentele per una politica economica che «getta sabbia negli ingranaggi del progresso».
Passato immediatamente sulla difensiva, il capo di gabinetto William Daley intervenuto in via eccezionale alla riunione annuale della National association of manufacturers si è limitato a incassare il colpo dichiarando che «a volte non si può difendere l'indifendibile». Indifendibile, per l'industriale del Massachusetts Douglas Starrett, è il divieto imposto dall'amministrazione Obama alla costruzione di una fabbrica per salvare una specie ittica. Indifendibili, per un industriale della carta intervenuto al dibattito, sono i 10-15 milioni di dollari di costi aggiuntivi per rispettare le normative ambientali per la modernizzazione di una fabbrica. Indifendibile per la Boeing Corp è l'ostruzionismo dell'amministrazone sulla decisione di aprire uno stabilimento in North Carolina, dove l'iscrizione al sindacato non è obbligatoria.
Le critiche contro i regolamenti ambientali non sono l'unica fonte di dissapore tra il governo Obama e i businessmen. Gli industriali si lamentano anche per il ritardo nell'approvazione di accordi di libero scambio con Paesi terzi, e per il passaggio di nuovi leggi - in particolare sanità e finanza - che faranno salire i costi aziendali.
Dopo avere ignorato il malcontento del mondo industriale nei primi due anni alla Casa Bianca, Barack Obama ha adottato quest'anno una nuova strategia, nominando addirittura l'amministratore della General Electric Jeffrey Immelt "job zar", ovvero responsabile di una politica intesa ad aumentare l'occupazione. Con un occhio alle presidenziali del 2012, Obama è in cerca di contributi monetari per la campagna elettorale e di appoggio politico. Finora i tentativi sono caduti nel vuoto.
L'industria non ha però solo motivo di lamentarsi. Le condizioni di mercato in America sono sufficientemente favorevoli infatti da aver convinto numerose società a riportare negli Usa posti di lavoro delocalizzati all'estero.
La General Electric per esempio sta riaprendo una fabbrica di elettrodomestici in Kentucky rimpatriando la produzione spostata all'estero; la Ncr ha aperto una fabbrica per costruire macchine bancomat prodotte finora in Cina e in Brasile; la Carbonite ha riportato a Boston un call center spostato in India. L'America dopo tutto offre qualità più alta e minori costi di trasporto, mentre il divario tra salari americani ed esteri si sta riducendo.
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