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Questo articolo è stato pubblicato il 19 giugno 2011 alle ore 14:39.

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In memoria di Elena Bonner (Afp)In memoria di Elena Bonner (Afp)

MOSCA - Elena Bonner, deceduta ieri sera all'età di 88 anni a Boston, negli Stati Uniti dove negli ultimi anni risiedeva insieme alla figlia Tatiana, ha vissuto una lunga vita, piena di lotta, di sacrifici e di dolore.
L'icona del dissenso sovietico, la Bonner, fin dagli anni Sessanta del secolo scorso si era apertamente schierata contro il regime comunista, ma ha criticato duramente anche la linea politica condotta dal leader post sovietico, Boris Eltsin, in primo luogo per la sua decisione di iniziare la guerra in Cecenia.

Per molti anni Elena Bonner ha lottato per i diritti umani nell'Unione Sovietica e dopo il crollo del regime totalitario, in Russia, a fianco del suo marito, l'accademico Andrej Sakharov, fisico e premio Nobel per la pace nel 1975, soprannominato «il padre della bomba atomica sovietica». A dire il vero, Elena Bonner ha sempre cercato di conservare la propria identità politica in quanto uno dei leader del dissenso: «Non mi piace quando mi chiamano "la moglie di Sacharov, oppure la vedova di Sacharov"… Sono per me stessa», disse la Bonner in un'intervista.
Però quando nel 1980 l'accademico Sakharov venne arrestato dal Kgb e mandato in esilio politico nella città di Gorkij, chiusa ai tempi sovietici agli stranieri (attualmente Nizhnij Novgorod), la Bonner fu per molti anni il suo unico contatto con il mondo.

Elena Bonner, medico di professione, intellettuale e scrittrice, che per interi decenni (nel 1972 uscì dal partito comunista sovietico) era strenuamente impegnata, in prima persona e a fianco dell'accademico Sakharov, nella battaglia per i diritti umani e la democrazia in Urss, e negli ultimi anni in Russia, ha descritto la propria vita nel libro autobiografico, intitolato "Madri e figlie" (tradotto anche in italiano).
Quella di Elena Bonner era una vita segnata dai grandi eventi della storia russa del Novecento, dalla dittatura staliniana (suo padre fu fucilato dalla polizia politica staliniana, mentre la madre trascorse nel Gulag più di 10 anni), al marzo del 1989, l'anno in cui il neo leader del partito comunista sovietico di allora, Mikhail Gorbaciov, annuncio la politica delle "prestrojka e glasnost".

«Tutti avevano i loro arrestati, deportati e fucilati. E quando oggi capita di sentire che qualcuno non sapeva e che non poteva essere allora significa che quel qualcuno non voleva vedere, non voleva sapere...», scrisse la Bonner nel suo libro.
Come ha dichiarato Lev Ponomarev, uno dei leader del movimento per la tutela dei diritti umani "Solidarnost" «con la morte di Elena Bonner, si è chiusa un'epoca».
Malgrado l'età avanzata e la cattiva salute, la Bonner ha condotto una vita politica molto attiva fino all'ultimo momento. Nel marzo del 2010 Elena Bonner ha pubblicato un appello ai movimenti e ai partiti d'opposizione della Russia – considerato come suo testamento politico – in cui ha auspicato la fedeltà agli ideali dei dissidenti del 20° secolo.
La Bonner verrà sepolta nel cimitero di Vostrjakovo, a Mosca, a fianco del marito. La famiglia ha chiesto di non portare fiori ai funerali, ma di fare piuttosto un'offerta al Fondo Andrei Sakharov, attivo nella difesa dei diritti umani.

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