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Questo articolo è stato pubblicato il 19 giugno 2011 alle ore 16:30.

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A poche ore dalla riunione dell'Eurogruppo che dovrebbe dare il via libera alla quinta tranche del prestito alla Grecia da 12 miliardi di euro e tentare di sciogliere i nodi sulla partecipazione dei privati al secondo pacchetto di aiuti, il premier greco George Papandreou si è presentato in Parlamento per chiedere la fiducia sul suo nuovo governo.

Serve «un accordo nazionale per affrontare il debito ed il deficit che sono problemi nazionali», a causa dei quali la Grecia è «in uno stato di sovranitá ridotta, che può averci protetto dalla bancarotta, ma dal quale dobbiamo uscire», ha ammonito il capo del governo di Atene, chiedendo il voto di fiducia, previsto martedì, perché «il Paese si trova in un momento cruciale».

«Le conseguenze di una bancarotta o di un'uscita dall'euro sarebbero immediatamente catastrofiche per le famiglie, le banche e la credibilitá del Paese», ha ribadito Papandreou. Il premier, annunciata l'intenzione di convocare un referendum in autunno «su cambiamenti al sistema politico», inclusa la Costituzione, ha poi rivelato al Parlamento che il secondo piano di aiuti Ue-Fmi sará «più o meno uguale» a quello da 110 miliardi di euro concesso nel maggio dello scorso anno.

Per discutere del salvataggio bis della Grecia si riuniranno già da stasera a Lussemburgo i ministri delle Finanze dell'eurozona, dove esordirà il nuovo responsabile greco, Evangelos Venizelos, nominato venerdì al posto del contestato, in patria, George Papacostantinou. L'Eurogruppo, in realtà, è chiamato anzitutto a dare il via libera alla quinta tranche del prestito, che dovrebbe permettere ad Atene di finanziarsi fino a settembre, secondo l'intervento in due fasi previsto dalla Commissione europea.

La seconda fase
La seconda fase ci sarà l'11 luglio, in occasione della prossima riunione dei ministri delle Finanze dell'eurozona, quando dovrebbe essere varato il piano di salvataggio bis, dopo che stasera e domani, come indicato nei giorni scorsi dal commissario europeo agli Affari economici e monetari Olli Rehn, l'Eurogruppo «discuterá i contenuti e le condizioni di un successivo programma per la Grecia e la natura del coinvolgimento del settore privato».

Il nodo resta infatti quello della partecipazione al nuovo pacchetto di aiuti di banche, fondi assicurativi e di investimenti. Una schiarita sembra essersi registrata nelle ultime ore, dopo l'accordo venerdì a Berlino tra la cancelliera tedesca Angela Merkel ed il presidente francese Nicolas Sarkozy, per un coinvolgimento solo volontario dei privati, con l'obiettivo di evitare che i mercati percepiscano la loro partecipazione come un default. Con il rischio contagio che ne deriverebbe per i Paesi dell'eurozona, dall'Irlanda al Portogallo, «fino a Italia e Belgio, a causa del loro debito elevato, persino prima della Spagna», ha messo in guardia il presidente dell'Eurogruppo, Jean-Claude Juncker, all'indomani dell'avvertimento di Moody's su una possibile retrocessione dell'Italia.

«Stiamo giocando con il fuoco», ha detto ieri in un'intervista al quotidiano tedesco «Suddeutsche Zeitung» il premier e ministro delle Finanze di Lussemburgo, riferendosi alla partecipazione dei privati al piano di salvataggio bis della Grecia, mentre nelle stesse ore la Merkel ribadiva che «aiuti sostanziali delle banche sono indispensabili per evitare che l'Europa precipiti in una crisi peggiore di quella scatenata nel mondo dal fallimento della Lehman Brothers».

Sulla partecipazione dei privati, l'Italia ha adottato «una posizione realistica». «Sin dall'inizio, sin da quando i tedeschi hanno messo sul piatto la loro proposta - ricordano fonti diplomatiche - noi eravamo contrari e molto preoccupati», per il timore, rivelatosi fondato, che schizzassero in alto i rendimenti dei titoli dei Paesi periferici. Tuttavia, bisogna essere «realisti», perchè «per avere una soluzione, i tedeschi devono essere coinvolti e per evitare il contagio bisogna arrivare ad un secondo pacchetto di assistenza alla Grecia», sottolineano le fonti, secondo cui «prima si arriva ad una soluzione, meglio è».

Intanto, il modello sul quale si continua a lavorare, seppure ci siano una serie di incognite legate anzitutto all'individuazione delle controparti, è quella della cosiddetta «Iniziativa di Vienna», lanciata nel 2009 per sostenere le banche dell'Europa dell'est, colpiti dalla crisi. In quel caso, intervennero volontariamente i grandi gruppi bancari dell'Occidente, oltre a quattro istituzioni finanziarie multilaterali (Fmi, Banca mondiale, Bers e Bei), che accettarono di mantenere invariata la loro esposizione e ricapitalizzare le controllate locali. L'operazione ebbe successo e per questa ragione la Commissione europea e la Bce, che non si stanca di ripetere la propria oppposizione a qualsiasi ipotesi di default della Grecia, vorrebbero riproporla.

Concluso l'Eurogruppo domani intorno all'ora di pranzo, si riuniranno a Lussemburgo i ministri delle Finanze dei 27, che dovranno approvare le raccomandazioni specifiche per i Paesi dell'Ue presentate nei giorni scorsi dall'esecutivo di Bruxelles e dovranno risolvere alcuni aspetti ancora rimasti aperti dei sei provvedimenti legislativi per la riforma del Patto di stabilitá, sui quali si sta trattando con il Parlamento europeo.
(Nap/Opr/Adnkronos)

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