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Questo articolo è stato pubblicato il 21 giugno 2011 alle ore 08:00.

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Una fiducia annunciata quella chiesta ieri dal Governo sul decreto sviluppo e su cui oggi si pronuncerà l'Aula della Camera. Ciò che non era del tutto annunciato sono le 14 modifiche, tra correzioni formali (soltanto due), stralci di norme e precisazioni, effettuate dall'Esecutivo al testo licenziato la scorsa settimana dalle commissioni Bilancio e Finanze.

Correzioni che, oltre ad aver obbligato l'Esecutivo a depositare in Aula il maxi-emendamento al decreto, secondo la stessa maggioranza sarebbero attribuibili a un nuovo intervento critico del capo dello Stato.

È stato lo stesso presidente della commissione Finanze, Gianfranco Conte (Pdl) a criticare duramente la nuova invasione di campo del Colle, sottolineando apertamente in Transatlantico come «non può essere il presidente della Repubblica a decidere cosa entra o non entra in un provvedimento». E sullo stralcio "in corsa" delle misure approvate dalle commissioni Conte ha ribadito a chiare lettere che «il Parlamento va tutelato».

La replica dell'opposizione non si è fatta attendere. Il capogruppo Pd in commissione Bilancio Pier Paolo Baretta, ha sottolineato in Aula come «sia inutile che il Governo tiri in ballo il presidente della Repubblica: la responsabilità di tutte le scelte fatte è del Governo. Eppure, dopo oltre 40 voti di fiducia, appare chiara la gravità e il significato di questa scelta».
Il riferimento diretto è a una delle norme sostenute dal Pd, inizialmente concordate in commissione con l'Esecutivo, e che ora è stata stralciata dal maxi-emendamento. Si tratta del cosiddetto "emendamento D'Antoni" (Pd), ovvero della possibilità di rendere immediatamente operativo il bonus assunzioni al Mezzogiorno, utilizzando subito il Fas in attesa del via libera di Bruxelles alla copertura del credito d'imposta con il ricorso ai fondi europei.

Sui crediti d'imposta, inoltre, viene introdotta una sorta di clausola di salvaguardia sull'utilizzo dell'agevolazione per i nuovi investimenti al Sud: questa sarà spendibile nel limite delle risorse individuate da un decreto interministeriale e i soggetti interessati avranno diritto al credito d'imposta fino all'esaurimento delle risorse finanziarie.

Altra novità di rilievo del maxi-emendamento del Governo è lo stralcio della responsabilità dei giudici tributari che non si pronunceranno sulle istanze di sospensiva degli accertamenti esecutivi nel termine dei 180 giorni (elevati dai 120 iniziali del Dl durante l'esame delle Commissioni) per l'espropriazione forzata degli agenti della riscossione. Norma questa voluta dalla Lega e sostenuta dall'Economia, ma fortemente contrastata dalle opposizioni.

In particolare, Massimo Vannucci (Pd) ha da subito paventato il rischio di una paralisi della giustizia tributaria tutta a danno dei contribuenti. Così se da una parte sono state accolte le doglianze del Consiglio di presidenza della giustizia tributaria (giunte fino al Colle) su una misura che avrebbe messo a rischio l'attività delle commissioni tributarie, dall'altra restano del tutto disattese le richieste delle imprese su un termine, quello dei 180 giorni, ritenuto fortemente lesivo del diritto di difesa sancito dalla Costituzione.

C'è poi da sottolineare come il passaggio dai 120 giorni ai 180 delle sospensive sia del tutto ignorato dalla relazione tecnica che ha accompagnato alla Camera il maxi-emendamento. Il termine dei 120 giorni previsto inizialmente dal decreto era stato quantificato dal Tesoro con un onere di cassa di 90 milioni di euro. Onere destinato inevitabilmente a lievitare con lo spostamento a 180 giorni della durata delle sospensive.

La mannaia del Governo si abbatte anche sulle graduatorie dei precari della scuola (si veda il servizio qui sotto). Così come scompare la cosiddetta "tassa sull'alta velocità". Dal maxi-emendamento scompare infatti l'articolo 10-bis introdotto dalle commissioni e che prevedeva l'arrivo di un sovrapprezzo al canone per il trasporto di passeggeri sulle linee ad alta velocità. I relativi introiti sarebbero stati destinati alla diminuzione del costo di accesso all'infrastruttura ferroviaria per i servizi oggetto di contratti di servizio pubblico.

Scompaiono dal decreto sviluppo anche i sei commi sulla nautica da diporto e sulla patente nautica. Tra queste anche il regime fiscale agevolato (tassazione sostitutiva al 20% per ricavi fino a 15mila euro annui) a chi esercita il noleggio di imbarcazioni da diporto.
Stralciate, infine, anche l'obbligo di trascrizione di atti che hanno a oggetto beni immobili relativi a vincoli di uso pubblico o ogni altro vincolo richiesto da strumenti urbanistici comunali.

Con il via libera di Montecitorio subito dopo il voto di fiducia, visto che domani la Camera sarà impegnata sulla verifica politica, il Dl approderà "blindato" all'esame del Senato per l'approvazione definitiva che dovrà arrivare entro il 12 luglio.

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