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Questo articolo è stato pubblicato il 20 giugno 2011 alle ore 09:54.

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La piazza in Marocco contesta le riforme di Re MohammedLa piazza in Marocco contesta le riforme di Re Mohammed

Se si dovesse fare una graduatoria dei paesi arabi e musulmani di Nord Africa e Medio Oriente in cui sono scoppiate rivolte contro governi e regimi dal dicembre 2010, il Marocco farebbe classifica a sé. I giovani, il movimento 20 febbraio, i riformisti che chiedono la rinuncia dei poteri esecutivi da parte della monarchia, non hanno avuto la stessa forza delle piazze arabe degli altri paesi. Allo stesso tempo però Re Mohammed IV non ha pensato a reprimere ma è stato abbastanza reattivo nel promettere riforme e mettere mano alla Costituzione (l'ha presentata venerdì scorso, 17 giugno). Questo scenario non è cambiato anche dopo il devastante attentato nella piazza principale di Marrakech di matrice terrorista che aveva il probabile obiettivo di destabilizzare la situazione. Il Marocco non fa tuttavia storia a sé perché le mosse di Re Mohammed sono seguite da vicino dalle altre monarchie del Golfo che in questi mesi stanno affrontando le stesse rivolte.

La piazza non gradisce gli sforzi del Re. «No a una Costitutione pensata per gli schiavi!» e «No alla Costitutione della dittatura!» recitavano i cartelli delle migliaia di persone scese domenica in piazza a Casablanca, la più grande città e il maggiore centro commerciale del Paese, denunciando come insufficienti le riforme che negli annunci fanno del Marocco «una monarchia costituzionale democratica». Altre manifestazioni si sono svolte a Rabat e Tangeri ma non ci sono cifre esatte sui partecipanti. Il raduno di Casablanca è stato organizzato dal movimento del 20 febbraio, gruppo che chiede l'instaurazione di un'autentica monarchia parlamentare. «Siamo qui perché rifiutiamo questa costitutione» dice Aziz Yaakoubi, uno degli organizzatori della piazza di Casablanca «perché la carta lascia tutti i poteri nelle mani del Re che ha rifiutato di ascoltare la piazza». «Questo progetto di riforma non basta, non ci permetterà mai di mettere la parola fine al sistema attuale, così il Marocco resterà una monarchia assoluta» aggiunge Ahmed Mediany, uno dei dirigenti locali del movimento.

È battaglia sui numeri dei manifestanti. Secondo le stime di alcuni giornalisti occidentali, circa 10mila persone hanno preso parte alla protesta dell'opposizione, mentre gli organizzatori hanno parlato di almeno 20mila dimostranti. I sostenitori della riforma del Re erano invece poche centinaia: la Reuters stima solo 500. Una fonte governativa che ha chiesto di restare anonima ha fornito stime molto diverse: la marcia dell'opposizione, ha detto, non ha contato più di 2.500 partecipanti mentre i sostenitori della riforma erano almeno 70mila. Nonostante la battaglia di cifre però, la manifestazione di domenica si è conclusa senza violenze. Per evitare incidenti, il movimento del 20 febbraio si è spostato in un'altra zona della città in modo da non scontrarsi con le poche centinaia di sostenitori del sovrano che hanno organizzato una contro-manifestazione a favore delle riforme.

Cosa propone il Ree l'accusa dell'opposizione socialista
Le proposte avanzate da Re Mohammed prevedono tra l'altro di conferire più autorità al primo primo ministro. Il sovrano conserverebbe invece il controllo delle forze di sicurezza e dell'esercito, oltre che delle istituzioni religiose del paese. Il suo progetto sarà sottoposto al giudizio degli elettori in un referendum popolare del 1° luglio prossimo. È probabile che il re otterrà un sì alle riforme, il movimento 20 febbraio chiede di boicottare il voto. «Il re ha introdotto cambiamento di facciata che in realtà rafforzano il suo potere sui processi decisionali», ha spiegato Abderrahim Tafnout del partito socialista che ha due seggi in parlamento. (An. Man.)




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