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Questo articolo è stato pubblicato il 24 giugno 2011 alle ore 10:42.

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Osama bin LadenOsama bin Laden

Il cellulare del corriere, l'uomo che è stato decisivo per la scoperta del covo di Osama bin Laden, ucciso il 2 maggio scrso in un raid americano, dimostra che il fondatore di al Qaida potè rimanere latitante così a lungo grazie all'aiuto dei militanti del gruppo ultra-radicale pakistano «Harakat-ul-Mujaheddin», a loro volta strettamente legati all'Isi, potentissimi servizi segreti di Islamabad. Lo scrive oggi il New York Times, citando fonti governative americane al corrente degli sviluppi delle indagini condotte, tra l'altro, proprio sul telefonino in questione.

Da quest'ultimo sarebbero infatti partite diverse chiamate che hanno permesso di risalire ai membri di «Harakat-uil-Mujaheddin». «È una traccia seria, una pista sulla quale stiamo indagando» ha confermato al giornale una delle fonti, sebbene un'altra ugualmente bene informata abbia puntualizzato che al momento non si dispone di una «smoking gun», cioè di una prova inconfutabile dell'ipotetica complicità dell'intelligence pakistana nel salvaguardare l'irreperibilità di bin Laden: non è di fatto ancora chiaro se le telefonate tra miliziani integralisti e agenti segreti si riferissero proprio allo Sceicco del Terrore e al sostegno da garantirgli. «Harakat-uil-Mujaheddin» è una delle organizzazioni terroristiche che compaiono sulla lista nera stilata dall'amministrazione di Washington. Secondo gli analisti militari della rivista specializzata Janes, la sua base si trova nel settore del Kashmir controllato dal Pakistan; ha condotto diverse operazioni contro obiettivi in India, e avrebbe mantenuto contatti clandestini con l'Isi per molti anni.

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