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Questo articolo è stato pubblicato il 25 giugno 2011 alle ore 13:07.

I paesi della Nato coinvolti nella missione Unified Protector in Libia «stanno cercando di uccidere Muammar Gheddafi con ogni mezzo a loro disposizione». Nonostante le numerose smentite dei vertici politici e militari dell'alleanza, sarebbe questo uno degli obiettivi principali della missione militare in corso in Libia, a cui partecipa anche l'Italia. A rivelarlo è stato l'ammiraglio Usa Samuel J. Locklear, comandante delle operazioni navali della Nato a Napoli, durante un colloquio con il deputato repubblicano Usa Mike Turner.
È stato l'Huffington Post a riportare le parole di Locklear, secondo la versione fornita direttamente dal deputato statunitense. Il leader libico viene costantemente seguito dalla Nato nei suoi spostamenti da un covo a un altro nel Paese. Stando a quanto riferisce il Daily Mail, sono gli aerei spia della Raf, Nimrod R1, i droni e il cacciatorpediniere HMS Liverpool, situato al largo delle coste libiche e dotato di tutte le apparecchiature necessarie per le intercettazioni, a monitorare i movimenti del colonnello.
Le fonti di Whitehall interpellate dal quotidiano britannico hanno dichiarato che Gheddafi «si è spostato da un posto a un altro» nelle ultime settimane. Ieri, il Wall Street Journal ha scritto che il leader libico potrebbe presto lasciare Tripoli per rifugiarsi in una località più sicura fuori della capitale, a causa dell'escalation dei raid aerei della Nato e dei progressi compiuti sul terreno dalle forze ribelli.
La risoluzione Onu che autorizza la missione Nato in Libia non consente di colpire direttamente Gheddafi; anche se il colonnello venisse localizzato in un centro di comando e controllo, diventando di fatto un obiettivo legittimo di un raid dell'Alleanza atlantica, è difficile che venga preso di mira, per timore di causare vittime civili. Il leader libico è infatti sospettato di proteggersi con scudi umani.
Secondo il segretario generale della Nato, Anders Fogh Rasmussen, in Libia bisogna invece adottare una «soluzione politica, ma ora niente pause ai raid». Così , in un'intervista al "Corriere della Sera", Rasmussen ha spiegato di essere d'accordo con il ministro degli Esteri, Franco Frattini, nel chiedere una soluzione politica. Sulla proposta di tregua, invece, per Rasmussen non solo «prematura» ma servirebbe «solo a fare riarmare Gheddafi».
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