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Questo articolo è stato pubblicato il 28 giugno 2011 alle ore 08:01.

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TORINO. Il cantiere fra i filari d'alta quota della Valsusa alla fine è partito. Da ieri mattina ruspe e camion sono al lavoro alla Maddalena di Chiomonte, la scadenza del 30 giugno fissata dall'Unione europea è stata rispettata e il primo, vero cantiere della Torino-Lione sul versante italiano ha preso avvio.

Nel tardo pomeriggio di ieri si vedevano già i primi risultati di una giornata di lavoro. Intorno alle 18, quando a qualche giornalista viene consentito l'accesso al cantiere, le barriere antirumore dell'autostrada sono già state rimosse e gli operai della Italcoge e della Martina, le due aziende valsusine incaricate da Ltf dei lavori di recinzione e accesso all'area, lavorano a pieno ritmo. Camion e ruspe sbancano e spianano per la realizzazione dello svincolo di accesso, dall'autostrada Torino-Bardonecchia alla Maddalena, mentre centinaia di carabinieri e forze di polizia sorvegliano la zona, non lasciano entrare (se non gli agricoltori, i proprietari delle vigne) e montano la base, che ora resterà operativa 24 ore su 24 per presidiare il cantiere.

Camminando, qualche ora dopo la fine degli scontri, sulla strada che porta verso l'area calda dei lavori, sull'asfalto sono evidenti i segni della battaglia. Combattuta fino all'ultimo dal movimento No-Tav a colpi di barricate di fortuna, allestite con pietre, reti, alberi e ogni mezzo a disposizione. In terra, i bossoli dei lacrimogeni, utilizzati in grande quantità.

Qui è stata battaglia nella prima parte della mattinata. Dall'alba di ieri, infatti, centinaia di poliziotti, carabinieri, finanzieri e forestali si sono concentrati in alta Valle, finché intorno alle otto, fallito un ultimo tentativo di mediazione, è partita la marcia verso l'area del cantiere, da settimane occupata dai No-Tav con la «Libera repubblica della Maddalena».

Ci sono barricate più o meno improvvisate, parte in ferro e parte in muratura, ma per le ruspe scortate dalle forze dell'ordine non è difficile penetrare alla Maddalena. Per diverse ore è battaglia a colpi di fumogeni, pietre e tronchi scagliati dal fronte No-Tav (un gesto condannato da una parte del movimento, ma che farà comunque discutere), tentativi di resistenza e cori contro le forze dell'ordine, ma intorno alle 11 gli oltre 2mila poliziotti hanno definitivamente la meglio: l'area per gli scavi della discenderia viene consegnata alle imprese per l'allestimento del cantiere, e mentre il leader storico di chi non non vuole l'alta velocità, Alberto Perino, dice che «abbiamo perso una battaglia, ma non la guerra», tra i No-Tav suona il rompete le righe: chi se ne torna a casa, chi si nasconde tra i boschi, chi si dà appuntamento per un'assemblea serale, convocata alle 21 a Bussoleno.

Il bilancio della giornata parla di un'ottatina di feriti, quasi tutti lievi, divisi a metà tra forze dell'ordine e attivisti. Tra i carabinieri sono dieci quelli più gravi, ma solo uno è ricoverato in ospedale per un trauma cranico. Nel pomeriggio di ieri, quando in Valle nonostante i blocchi a intermittenza sulle strade la situazione sembra raggiungere una certa normalità e iniziano a fioccare i commenti dal mondo politico, la protesta si sposta a Torino: un presidio davanti alla sede locale del Pd, un assembramento davanti al palazzo della Regione e il tentativo di bloccare la stazione di Porta Susa, subito rientrato grazie alle proteste dei viaggiatori.

Manifestazioni anche a Roma, con un presidio davanti a Palazzo Chigi e un corteo improvvisato in centro, e a Vicenza, dove i No Tav hanno ottenuto la solidarietà degli attivisti No-Dal Molin (che si oppongono alla base militare americana). Domani sera, a Susa, è convocata una nuova fiaccolata, ma non è affatto escluso che anche oggi possano ripetersi blocchi alla circolazione, sia in valle che in città: le nostre prossime mosse, spiega Lele Rizzo del centro sociale Askatasuna, tra i leader del movimento No Tav, «saranno finalizzate a disturbare il più possibile i lavori».

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