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Questo articolo è stato pubblicato il 28 giugno 2011 alle ore 13:45.

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La possibile esclusione dei professionisti dalle commissioni tributarie, che dovrebbe trovare posto nella manovra, suscita subito proteste: con un polemico comunicato, il presidente dei commercialisti italiani, Claudio Siciliotti, chiede polemicamente "chi garantirebbe le competenze fiscali" con lo stop ai professionisti- giudici.

«L'ipotizzato inasprimento delle incompatibilità tra l'attività libero professionale e la carica di giudice tributario - si legge nel comunicato del Consiglio nazionale dei dottori commercialisti e degli esperti contabili - sarebbe condivisibile se inserito in un progetto di riforma che getti i presupposti per la creazione di una magistratura tributaria professionale, con una specifica formazione multidisciplinare giuridico-economica».

Secondo Siciliotti, questa non è la situazione attuale: «sia per l'assenza della previsione di specifici percorsi formativi per l'accesso al ruolo, sia per una retribuzione che viene mantenuta su livelli assai inferiori rispetto a quella dei giudici ordinari, il ruolo di giudice tributario viene sostanzialmente confermato alla stregua di un'attività che non può essere svolta in via esclusiva o principale».

Siciliotti teme che, con l'inasprimento delle incompatibilità per i liberi professionisti e in assenza della creazione di una magistratura tributaria professionale, si abbia come effetto «un peggioramento della qualità della giustizia assicurata ai cittadini, perché nei collegi giudicanti, ancor più di prima, tenderanno a permanere soltanto giudici specializzati in altre materie che si occupano di fisco a tempo perso, con ottima competenza giuridica generale, ma scarsa competenza specialistica e pressoché nulla conoscenza di dinamiche aziendali e principi contabili, nonché ex dirigenti e funzionari della pubblica amministrazione in pensione».

Per i commercialisti italiani, «la via maestra è quella della creazione di una giustizia tributaria professionale». La «posizione dei commercialisti italiani - argomenta Siciliotti - è talmente fondata, e per nulla sindacale, da essere condivisa dalla stessa magistratura tributaria tributaria che, conoscendo perfettamente il problema, non chiede affatto quello di cui sembrerebbe prospettarsi l'introduzione e reclama anzi l'esatto contrario».

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