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Questo articolo è stato pubblicato il 29 giugno 2011 alle ore 09:22.

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Uno scatto del velivolo Predator BUno scatto del velivolo Predator B

Per superare lo stallo nelle operazioni militari contro le truppe di Gheddafi la Nato potrebbe mettere in campo nelle prossime settimane i velivoli teleguidati dell'Aeronautica militare italiana. I cosiddetti "droni" Predator e Reaper (o Predator B) del 32° Stormo di Amendola (Foggia)sarebbero in grado di operare sulla Libia già tra due settimane in compiti di sorveglianza, intelligence e ricognizione.

Affiancando i due velivoli dello stesso tipo messi in campo dagli statunitensi, che li basano a Sigonella, gli UAS (Unmanmned aerial system) tricolore sono in grado di restare in volo sul bersaglio per molte ore esplorando il terreno grazie a telecamere e sensori, individuando i bersagli e "agganciandoli" a favore di missili e bombe dei jet alleati o degli elicotteri da combattimento franco-britannici.

L'Italia dispone da sette anni di cinque velivoli Predator già impiegati in Iraq e due dei quali sono attualmente schierati a Herat, in Afghanistan. Recentemente sono arrivati ad Amendola anche due Reaper (altri 4 arriveranno entro il 2012), mezzi più grandi, potenti, con maggiore autonomia e un carico utile di quasi 1.800 chili (contro i 200 chili dei Predator A) che possono volare a una velocità massima di 445 chilometri all'ora con un'autonomia di 30 ore. Per fare un confronto il Predator trasporta due missili Hellffire contro i 14 del Reaper.

«Il Predator B ha capacità elevate nel campo della ricognizione. Saremmo in grado di operare con successo anche in Libia e potremo farlo già dalla seconda metà di luglio», spiega il colonnello Fabio Giunchi, comandante del 32° Stormo.

«Stiamo affinando le ultime preparazioni, al momento sono impiegati con compiti di ricognizione ma possono volare armati, se si volesse andare su questa strada. Noi ci auguriamo che questo accada, perché questo darebbe una maggiore flessibilità di impiego».

Secondo indiscrezioni l'Aeronautica, che ha finora impiegato i velivoli teleguidati disarmati, riceverà presto dagli Stati Uniti i "kit" necessari a imbarcare bombe a guida laser e gps e missili Hellfire, le stesse armi impiegate dai velivoli di questo tipo che gli statunitensi impiegano per colpire le basi talebane e di al-Qaeda in Pakistan.

Una vera e propria rivoluzione per l'Aeronautica italiana che finora, per motivi squisitamente politici, aveva potuto utilizzare queste macchine senza sfruttarne le capacità d'attacco. La possibilità di restare a lungo sul bersaglio prima di attaccarlo rende questi velivoli in grado di cogliere il momento più opportuno per lanciare gli ordigni riducendo il rischio di danni ai civili. Missioni che vengono svolte a costi molto inferiori rispetto a un jet da combattimento tenuto conto che un'ora di volo di un UAS costa meno di 10 mila euro contro i 30mila di un bombardiere Tornado. Inoltre la possibilità di trasmettere ovunque via satellite le immagini raccolte dalle telecamere possono innalzare il livello decisionale consentendo ai vertici militari e politici di vedere l'obiettivo e decidere o meno se attaccarlo.

Gli studi di fattibilità per l'impiego dei Reaper nell'operazione "Unified Protector" sono stati effettuati in queste settimane e hanno dato esito positivo. Manca solo il via libera politico. A guidare a distanza sui cieli libici i nostri Uas saranno i militari del 32° stormo in grado di pilotare da terra i velivoli anche da migliaia chilometri di distanza. Basti pensare che alcuni raids effettuati dai Predator statunitensi in Yemen sono stati condotti da piloti che guidavano i velivoli dagli Stati Uniti. Il sistema a pilotaggio remoto è costituito da quattro componenti principali: l'aereo stesso, i sensori, la stazione di terra per la guida e il controllo del velivolo e il sistema di telecomunicazioni per lo scambio dei dati. Oltre agli italiani gli unici a disporre dei Reaper sono le forze aeree statunitensi e britanniche.

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