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Questo articolo è stato pubblicato il 29 giugno 2011 alle ore 06:40.

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Toghe responsabili, no del CsmToghe responsabili, no del Csm

ROMA - La Lega punta i piedi e il Pdl la segue, anche se con qualche preoccupazione sulla tenuta in aula, alla Camera, della maggioranza. Il risultato è che il voto sulla stretta alla responsabilità civile dei magistrati slitta di ventiquattr'ore, forse quarantotto, durante le quali si lavorerà a possibili modifiche e il governo deciderà se dar retta o no all'Ufficio legislativo di Palazzo Chigi e al Csm.

Che, con argomenti diversi, hanno comunque bocciato la "riforma". Ma la decisione, più che tecnica, sarà politica, come quella che oggi dovrebbe essere presa sulle intercettazioni in un vertice del Pdl a Palazzo Grazioli convocato da Silvio Berlusconi.

Il padre della riforma sulla responsabilità civile, il leghista Gianluca Pini (relatore della «comunitaria 2010»), conferma ai cronisti che la sua "creatura" andrà in aula così com'è stata concepita, ossia nel testo che secondo il Csm mette «seriamente a rischio l'autonomia e l'indipendenza della magistratura» perché porta alla «dilatazione», di fatto senza limiti, della responsabilità civile delle toghe. L'emendamento-Pini modifica infatti la legge Vassalli n. 117 del 1988 che limita la responsabilità ai casi di dolo e colpa grave e la fa invece scattare in ogni caso di «violazione manifesta del diritto». Non solo: Pini vuole cancellare anche la clausola di salvaguardia contenuta nella legge vigente, secondo cui «non può dar luogo a responsabilità l'attività di interpretazione di norme di diritto né quella di valutazione del fatto e delle prove». Quindi, un cittadino o un'impresa potrebbero chiedere i danni a un giudice per come ha interpretato la legge: uno scenario che solleva dubbi persino tra le file del centrodestra.

Il capogruppo Pdl Fabrizio Cicchitto non sa come rispondere a chi gli chiede se la maggioranza abbia già preso una decisione e il sottosegretario alla Giustizia Giacomo Caliendo «si riserva» di dare il proprio parere e di decidere «nelle prossime ore».

In realtà, da ieri sera i berlusconiani Manlio Contento e Francesco Paolo Sisto sono al lavoro per cercare di attenuare la formulazione leghista. Certo è che la proposta-Pini, oltre a scatenare l'opposizione (il Pd parla di «provocazione» che rischia di «intimidire l'intera magistratura» e ne chiede lo stralcio dalla «comunitaria»), ha provocato la dura reprimenda del Csm. Il plenum, con 19 sì e 4 no, mette in guardia governo e Parlamento da una riforma che potrebbe costringere il giudice a risarcire i danni anche se ha sbagliato senza colpa o per «interpretazioni non conformi ai precedenti» o, ancora, per «mera responsabilità oggettiva».

Il giudice rischia di essere condizionato per timore di dover mettere mano al portafoglio: un effetto che va in direzione opposta al diritto dell'Unione europea e persino alla sentenza della Corte di giustizia Ue (che ha innescato la modifica dopo una condanna dell'Italia). Una bocciatura senza appello, insomma, contestata solo dai quattro laici Pdl, più che per i contenuti, per la «tempistica» scelta, cioè a ridosso del voto della Camera. Ma il vicepresidente Michele Vietti ha ricordato, tra l'altro, che il Capo dello Stato (presidente del Csm) ha dato il via libera alla discussione del plenum «non per distrazione» ma perché un parere ha senso solo se arriva «prima che una norma sia votata», proprio in virtù della «leale collaborazione» tra istituzioni.

Ieri la maggioranza ha rinunciato al voto perché non aveva i numeri per sostenere il ddl e avrebbe quindi rischiato di andare sotto sulla proposta di stralcio dell'articolo 1. Stamattina, in un nuovo Comitato dei nove verranno esaminati gli emendamenti e poi si andrà in aula dove, a seconda delle presenze nei banchi del centrodestra, si deciderà se andare avanti o stralciare l'emendamento Pini e rinviarlo a settembre, nella prossima «comunitaria».

Intanto al Senato il Pd rivendica di aver sventato un altro «blitz sulla giustizia»: «Governo e maggioranza - spiega Giovanni Legnini - con un emendamento al ddl sulla semplificazione della pubblica amministrazione hanno tentato di introdurre una delega al governo per intervenire sui codici civile, penale, di procedura penale e civile, ma l'emendamento è stato dicharato inammissibile». Per il Pd è «l'ennesimo tentativo di aggirare le procedure per infilare forzatamente norme in materia di giustizia, questa volta addirittura con una delega in bianco al governo».

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