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Questo articolo è stato pubblicato il 01 luglio 2011 alle ore 10:11.

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Nuovo processo in vista per Silvio Berlusconi (Fotogramma)Nuovo processo in vista per Silvio Berlusconi (Fotogramma)

ROMA - Nuovo processo in vista per Silvio Berlusconi. La Procura di Roma ha chiuso il troncone capitolino dell'inchiesta Mediatrade sulla compravendita dei diritti tv e cinematografici Mediaset, per la quale il presidente del Consiglio è indagato per le ipotesi di reato di fatturazione di operazioni inesistenti e false dichiarazioni dei redditi. Insieme al premier sono indagati per i medesimi reati anche il figlio Piersilvio, vicepresidente di Mediaset e numero uno di Rti, il produttore statunitense Frank "Farouk" Agrama e altre 9 persone, tra cui 7 manager del gruppo.

Il pm Barbara Sargenti e il procuratore aggiunto, Pierfilippo Laviani, procederanno tra una vetina di giorni con le richieste di rinvio a giudizio. In ogni caso l'eventuale processo sembra essere destinato a non arrivare al giudizio definitivo: i reati per i quali si procede riguardano le dichiarazioni dei redditi del gruppo Fininvest del 2004 e del 2005 e si prescriveranno, nel primo caso, entro l'aprile del 2012 e, nel secondo, entro l'aprile del 2013.

I fatti si riferiscono a una presunta frode fiscale da quasi 20 milioni di euro realizzata tramite l'emissione di false fatturazioni per oltre 220 milioni. L'indagine nasce da uno stralcio dell'inchiesta milanese Mediatrade – che è già alla fase dell'udienza preliminare – trasmesso la scorsa estate, per competenza territoriale, alla Procura di Roma. Parte dei reati contestati, risalenti al periodo 2003-2004, coinvolgono infatti Rti, che all'epoca aveva la sede legale nella Capitale.

Secondo i pm, in quegli anni Silvio Berlusconi avrebbe raccomandato ai manager delle società Mediaset di confermare le relazioni d´affari con Agrama, che dagli anni Ottanta avrebbe sottratto fondi a Mediaset per 170 milioni di euro, restituendone una gran parte a manager del gruppo dopo che i soldi erano transitati su conti esteri. Secondo gli inquirenti gli indagati, in concorso tra loro, al fine di evadere le imposte sui redditi, hanno posto in essere un sistema di frode che consisteva nella sovrafatturazione dei diritti di trasmissione di film e fiction acquistati da major statunitensi come la Paramount. I diritti venivano acquistati da Mediatrade, Rti e Fininvest a prezzi gonfiati, tramite di società di comodo riconducibili a Frank Agrama e altri intermediari. Parte delle somme sborsate, attraverso la triangolazione con aziende con sede in Estremo Oriente, venivano poi fatte rientrare in Italia.

Secondo i pm il meccanismo della frode, che portava a registrare in bilancio valori in perdita, è servito ad ottenere detrazioni fiscali e a formare fondi neri. Nel periodo 1999-2004 le sole società di Agrama avrebbero emesso false fatture per 195 milioni. Le false fatturazioni avrebbero consentito a Fininvest di indicare, per conto di Rti, un credito Iva di circa 7,8 milioni nella dichiarazione dei redditi 2004, e di circa 8,5 milioni per l'anno successivo. I costi per i diritti televisivi sarebbero stati invece gonfiati di oltre 22 milioni di dollari nel 2004 e di 26,5 milioni nel 2005. Nel 2005 Fininvest avrebbe anche realizzato un'evasione dell'imposta sui redditi di 2,7 milioni.

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