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Questo articolo è stato pubblicato il 02 luglio 2011 alle ore 10:37.

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(Reuters)(Reuters)

I marocchini hanno approvato a larghissima maggioranza il referendum che limita i poteri di re Mohammed VI. Lo ha annunciato nella notte il ministro degli Interni Taib Cherkaui precisando che l'affluenza è stata del 72,65%. Secondo i risultati preliminari i «sì» sono al 98.5%. Una vittoria per re Mohammed VI che, a differenza del suo temuto padre, Hassan II, ha saputo conquistare il popolo marocchino rinunciando a parte dei suoi poteri.

La stragrande maggioranza dei 13 milioni di elettori si è recato dunque alle urne, nonostante il caldo torrido e gli inviti al boicottaggio di una parte del 'Movimento 20 febbraio' , della sinistra e degli islamisti, e ha partecipato al referendum sulla riforma costituzionale voluta dal sovrano.
In risposta alla crescente domanda di democrazia espressa dalle piazze del Marocco, re Mohammed aveva annunciato lo scorso 17 giugno un progetto per trasferire parte dei suoi poteri assoluti al Parlamento, al governo e alla giustizia e per conferire al berbero, cultura a cui appartiene la maggioranza dei marocchini, lo status di lingua ufficiale della Nazione al fianco dell'arabo.

Con la riforma, la monarchia marocchina si colloca a mezza strada tra l'assolutismo che ha caratterizzato la casa reale di Rabat fino ad oggi e la forma costituzionale propria della corona britannica o spagnola.
La vittoria dei sì al referendum era scontata, la battaglia era piuttosto tra partecipazione e astensionismo. La percentuale di affluenza è stata considerevole se si pensa che nelle elezioni legislative del 2007 solo il 37% si era recato alle urne.

Il «Movimento del 20 febbraio» ha annunciato che continuerà le sue proteste, giudicando la riforma costituzionale del tutto «insufficiente». Per domenica ha convocato nuove manifestazioni nelle piazze del Marocco. Tuttavia, il Movimento appare meno compatto che nelle settimane precedenti, perchè diversi suoi esponenti di spicco hanno deciso di partecipare al referendum, spaventati anche dalla massiccia presenza di islamisti che ha connotato l'ultima fase delle proteste.

Con la riforma, il sovrano del Marocco non potrà più nominare il primo ministro a suo piacimento ma dovrá scegliere un esponente del partito di maggioranza. Inoltre non potrá più nominare i titolari dei dicasteri di Difesa, Interni, Esteri e Affari Religiosi, o destituire ministri, senza il consenso del premier. Il re non è più persona «sacra», ma rimane «inviolabile» e continua a presiedere le riunione del governo e dei consigli giudiziario e di sicurezza. Può sciogliere il parlamento e continua a guidare l'esercito e il consiglio religioso degli ulema. Infine la nuova costituzione pone l'amazigh, la lingua della minoranza berbera, sullo stesso piano dell'arabo.

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