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Questo articolo è stato pubblicato il 07 luglio 2011 alle ore 10:47.
ROMA. Stop della Lega al rifinanziamento delle missioni all'estero. Scelta clamorosa, quella del Carroccio, che invia una lettera al presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, proprio il giorno in cui si riunisce il Consiglio supremo di Difesa presieduto dal capo dello Stato, Giorgio Napolitano.
Al termine della riunione del Consiglio, una nota spiega che «sono stati esaminati gli impegni operativi delle Forze Armate italiane nei diversi teatri e la possibilità di una loro ulteriore qualificazione che consenta al nostro Paese di mantenere, anche a fronte di una ridotta disponibilità di risorse finanziarie, il ruolo cruciale che esso attualmente svolge a sostegno della sicurezza e della stabilità internazionale». In sintesi: si può parlare di revisione degli impegni, ma a patto che siano concordati con gli alleati e non mettano a repentaglio l'immagine e il prestigio dell'Italia.
Circolano alcune stime provvisorie sui possibili tagli: -10/15% dei nostri soldati in Afghanistan, cioè circa 400 unità che potrebbero rientrare già a fine anno, e una riduzione in Libano, dove i militari italiani potrebbero diminuire anche fino a 900 mentre oggi siamo con 1.780 unità la prima nazione nel gruppo delle forze alleate presenti. E poi c'è il capitolo Balcani, di certo ridimensionato, che oggi annovera 650 italiani sul campo. I numeri sui tagli sono da confermare ed è probabile che subiscano diverse revisioni. Certo è che, nonostante il monìto del Consiglio supremo «sull'opportunità di procedere, di concerto con le Istituzioni internazionali e tenuto conto degli sviluppi sul terreno, a ogni possibile ridefinizione dei nostri contingenti» la Lega però ha deciso di proseguire con l'attacco a testa bassa contro le missioni.
Il ministro per la Semplificazione legislativa, Roberto Calderoli, ha inviato una lettera a palazzo Chigi per sottolineare, a suo avviso, l'assoluta inopportunità di esaminare fuori sacco oggi al Consiglio dei ministri il decreto legge sul rifinanziamento delle missioni senza che prima vi sia stato un chiarimento politico con la certificazione del numero di contingenti nelle missioni. La Lega non cederebbe all'ipotesi di aprire una discussione sul rifinanziamento se prima non saranno definiti con precisione i numeri relativi alle missioni internazionali e ai contingenti impegnati. Del resto c'è un altro punto della riunione al Quirinale in netto contrasto con le posizioni del Carroccio: l'impegno dell'Italia in Libia. Il Consiglio sottolinea «l'opportunità di valutare, insieme agli alleati, le possibili azioni da intraprendere nella situazione post-conflittuale che tende a delinearsi a conclusione della missione in corso su mandato dell'Onu». Nessun ritiro dell'Italia, insomma, come chiedono con insistenza Bossi e Maroni.
«Siamo leali agli impegni internazionali e il Consiglio supremo della difesa lo ha chiarito» rileva il ministro degli Esteri, Franco Frattini. «Il presidente della Repubblica il presidente del Consiglio (presente alla riunione, ndr) hanno dimostrato di avere a cuore il ruolo dell'Italia e delle Forze armate» ribadisce il titolare della Difesa, Ignazio La Russa. Ma Emanuele Fiano (Pd) ribatte: dopo la lettera di Calderoli «sul tema cruciale della partecipazione italiana alle missioni internazionali di pace non c'è in questo momento una maggioranza parlamentare».
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