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Questo articolo è stato pubblicato il 10 luglio 2011 alle ore 08:11.

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MILANO
La Fininvest di Silvio Berlusconi è stata condannata a pagare 540.141.059 euro (più 20 milioni tra interessi legali, spese processuali e legali) alla Cir di Carlo De Benedetti nel processo d'appello sulla spartizione del gruppo Mondadori alla holding del biscione nell'aprile 1991 (la vicenda del cosiddetto lodo Mondadori).
Una sentenza in parte attesa, quella della seconda sezione penale della corte d'Appello di Milano, che ha confermato nelle sue parti sostanziali il verdetto di condanna in primo grado già emesso dalla decima sezione civile del giudice Raimondo Mesiano. Con uno sconto non trascurabile: poco meno di 210 milioni. In primo grado infatti il risarcimento era stato quantificato in 749,955 milioni di euro. Come tutte le sentenze di appello è immediatamente esecutiva, il che significa che all'indomani della notifica della sentenza alle parti, l'azienda soccombente dovrà liquidare le spese quantificate dai giudici. Da sottolineare come il codice di procedura civile lasci aperta la possibilità di richiedere la sospensione dell'esecutività della sentenza (vedere articolo a fianco) e l'istanza verrà avanzata dai legali Fininvest contestualmente al ricorso in Cassazione già annunciato in via Paleocapa.
A incidere sulla quantificazione del danno (e sul cambiamento della precedente decisione) è stata determinante la consulenza tecnica d'ufficio richiesta dai giudici Luigi de Ruggiero, Walter Saresella, e Giovanni Battista Rollero, ai professionisti Luigi Guatri, Maria Martellini e Giorgio Pellicelli che sono stati chiamati a esprimersi sulle variazioni di valore delle società che sono state scambiate tra le parti nel corso dell'operazione di spartizione della "grande Mondadori": tra queste l'Editoriale L'Espresso, la Cartiera di Ascoli, la Cima Brenta e la Gmp. Il tutto in un ben delimitato arco di tempo che va dal giugno del 1990, quando Fininvest avanzò la prima proposta di spartizione della Mondadori, e l'aprile 1991, periodo in cui si concluse la transazione.
Tra le due date si inserisce la sentenza della Corte d'Appello di Roma, la sentenza Metta, datata 14 gennaio 1991 (vedere articolo a fianco) che ha bocciato il lodo Mondadori mettendo in grave difficoltà De Benedetti sul fronte delle trattative con il biscione.
Sono cinque i punti in cui i giudici d'Appello hanno emendato la decisione di primo grado. Nel primo si calca la mano ancor di più sulla posizione di svantaggio del gruppo Cir in seguito alla sentenza Metta. Qui il giudice di primo grado aveva sostenuto che la bocciatura del lodo di fatto «costituiva una perdita di chance» per il gruppo De Benedetti: una diminuzione statistica delle opportunità di concludere le trattative con un successo.
In realtà i giudici di seconda istanza hanno valutato la situazione creatasi come un «danno immediato e diretto» all'ingegnere. Hanno poi corretto (anche alla luce delle consulenze, non sempre concordi sulle metodologie di calcolo da seguire) le entità delle variazioni di valore delle aziende presenti nel perimetro di consolidamento dei due gruppi interessati. In particolare è stata la mancata considerazione delle azioni del gruppo L'Espresso, da parte dei giudici di prima istanza che ha portato a una differenza di 66,8 miliardi di lire, nel computo finale del risarcimento (a vantaggio di Fininvest).
I giudici, poi, hanno escluso che nel risarcimento potesse essere compresa la valutazione del danno da immagine (tesi sostenuta dai legali di De Benedetti) derivante dalla mancata costituzione del progetto "grande Mondadori". Un danno valutato dai giudici di primo grado intorno ai 20 milioni di euro.
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