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Questo articolo è stato pubblicato il 11 luglio 2011 alle ore 06:47.

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Il sospiro di sollievo si è liberato da Trieste a Palermo. La norma che cancellava i vitalizi di parlamentari e consiglieri regionali aveva fatto capolino nelle prime bozze della cura-Tremonti ai costi della politica, ma è scomparsa ben prima che il testo arrivasse in Consiglio dei ministri. Saranno alleggeriti in futuro, quando le regole "europee" sulle indennità a cui sono collegati entreranno a regime, ma i diritti acquisiti dagli ex della politica non si toccano.
Sollievo sì, ma non sorpresa. I parlamentari si erano già espressi con chiarezza sul tema l'autunno scorso, quando Antonio Borghesi (Idv) propose alla Camera di cancellare il meccanismo che garantisce fino al 60% dell'indennità lorda ai deputati cessati dal mandato. Risultati del voto: presenti 525, votanti 520, astenuti 5, maggioranza 261, favorevoli 22, contrari 498. «La Camera respinge».

Gli interessati, del resto, sono un esercito: solo il Parlamento stacca ogni mese 2.238 assegni (e un altro migliaio di reversibilità), e secondo Borghesi tra i destinatari ci sono anche tre parlamentari per un giorno, e altri rimasti in carica per qualche settimana prima di decadere per incompatibilità. Dai bilanci delle due Camere arriva la conferma: le indennità dei parlamentari in carica costano ogni anno 144 milioni, i vitalizi di chi ha smesso di frequentare i banchi ne richiedono 218, il 51% in più.
Chi ha calcato Montecitorio e Palazzo Madama rappresenta solo la prima linea, dietro alla quale si infittiscono schiere di ex consiglieri regionali, spesso con regole in proporzione più generose rispetto a quelle delle stesse Aule «nobili» del Parlamento nazionale. Senato e Camera, per esempio, fissano alla pensione un tetto massimo del 60% rispetto all'indennità lorda, mentre in Campania e Abruzzo si può arrivare al 63%, in Campania all'80% e in Basilicata chi supera le tre legislature regionali ottiene il diritto a ricevere l'84% di ciò che guadagnava quando legiferava. Quando, poi, la base di calcolo è già di tutto rispetto si arriva a cifre che assicurano una vecchiaia di assoluto benessere, con una punte di oltre 6mila euro in Puglia o un massimo di quasi 10mila euro al mese in Calabria.
La foresta delle regole regionali offre qualche punto di vantaggio ai politici locali anche sul versante dell'età minima da raggiungere prima di ricevere l'assegno: al Parlamento nazionale è fissata a 60 anni mentre, per esempio, nel Lazio ne bastano 55.

Insieme ai casi di generosità, però, il panorama regionale offre anche qualche caso di rigore: la Valle D'Aosta, per esempio, calcola i vitalizi con il sistema contributivo, quello ormai classico per i lavoratori dipendenti, e l'Emilia Romagna ha abolito del tutto il meccanismo, ma a partire dal 2015. Ma anche in altre aree qualche spiffero di austerity si inizia ad avvertire. I tempi, però, non sono rapidi e, anche nei casi in cui è stato già fatto qualcosa, le misure sembrano procedere nel segno della gradualità. Come, per esempio, in Abruzzo dove pochi giorni fa il Consiglio regionale ha imposto uno stop al cumulo tra il vitalizio e i compensi derivanti da cariche di nomina politica in enti o consorzi dipendenti dalla Regione. In Lombardia, la scorsa settimana, le forze politiche di maggioranza e opposizione si sono lanciati primi segnali in vista di una convergenza bipartisan per l'abolizione del beneficio. In Toscana, invece, il presidente Enrico Rossi propone l'addio ai vitalizi dallo scorso anno, ma la legge regionale non è ancora arrivata al traguardo. L'Idv è allora tornato alla carica a maggio, con un nuovo progetto di legge che propone di trasformare i vitalizi in un'indennità di fine mandato, una tantum. Un meccanismo che, in realtà, esiste già in tutte le Regioni, e che in genere moltiplica l'ultima indennità lorda per il numero di anni di mandato: in alcune Regioni, come le Marche o l'Umbria, l'indennità può essere moltiplicata al massimo per dieci, altre (come il Veneto o la Basilicata) non pongono limiti e offrono qualche soddisfazione in più ai politici di lungo corso.
La stessa regola dell'indennità mensile per gli anni di mandato torna anche negli enti locali, dove però riguarda solo i sindaci e i presidenti di Provincia e non si estende invece a giunte e consigli.
G.Par.
G.Tr.

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