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Questo articolo è stato pubblicato il 12 luglio 2011 alle ore 19:30.

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Pare che a Rupert Murdoch non basterà la chiusura di News of the World, il tabloid dai 168 anni di storia, per mettere fine allo scandalo che sta travolgendo la stampa e la politica britanniche. L'inchiesta sulle intercettazioni del giornale a vittime di casi di cronaca, attori, politici (le ultime notizie rigurdano l'ex premier laburista Gordon Brown), vedove e madri dei caduti in Iraq ed Afghanistan, sta avendo conseguenze sempre più pesanti per l'impero del magnate australiano, il suo clan e rischia di macchiare l'immagine della mitica Scotland Yard.

Dal lato economico oggi la mazzata più pesante: conservatori e libdem hanno dato il loro appoggio alla mozione che sarà presentata domani dai laburisti in cui si sancisce che non è nell'interesse pubblico che Rupert Murdoch continui con la sua offerta per BSkyB. Il presidente della Commissione cultura della Camera dei comuni, John Whittingdale, ha reso noto che Rupert Murdoch, il figlio James e la responsabile di News International GB, l'ex direttrice di News of the World Rebekah Brooks, hanno acconsentito a presentarsi davanti alla commissione martedì della prossima settimana per riferire sullo scandalo delle intercettazioni telefoniche. L'inchiesta ha anche portato agli arresti di Andy Coulson, ex portavoce del premier David Cameron, che imbarazzato si è assunto la responsibilità della scelta.

Un giornale chiuso, un premier in imbarazzo, un uomo d'affari inossidabile nella bufera. Chi manca all'appello? Scotland Yard. Neanche la mitica polizia britannica resta immune dallo scandalo con storie di agenti corrotti e inchieste mai riaperte. Sul banco degli imputati oggi sono finiti quattro membri di spicco di Scotland Yard - il suo ex capo Lord Ian Blair, il commissario ora responsabile delle operazioni antiterrorismo John Yates, l'ex assistente commissario Andy Hayman e l'ex assistente commissario Peter Clarke - interrogati dalla commissione parlamentare sugli affari interni che ha chiesto loro perchè nel 2009 non avevano riaperto l'inchiesta del 2006 sulle intercettazioni. I poliziotti hanno fatto quadrato contro News International, dicendo che l'azienda non aveva collaborato passando loro informazioni utili alle indagini e che di conseguenza loro non si erano trovati con in mano materiale sufficiente a riaprire le indagini. Ma le testimonianze di Hayman e Yates non sono state affatto soddisfacenti.

Confermando la notizia pubblicata dal New York Times secondo cui alcuni membri di Scotland Yard sarebbero stati intercettati nel 2006 poco dopo che era stata aperta l'inchiesta sul News of The World, Yates ha dichiarato di essere «sicuro al 99%» che il proprio cellulare fosse stato messo sotto controllo. Come, quindi, essere sicuri che nel decidere di non riaprire le indagini Yates abbia agito in buona fede e non sotto ricatto da parte del domenicale, che era entrato in possesso di informazioni che il commissario avrebbe preferito mantenere segrete? E che dire di Hayman, che due mesi dopo essere andato in pensione da Scotland Yard è diventato un editorialista del Times, un altro dei quotidiani di Rupert Murdoch? Lui continua a dire di non essere stato «comprato» da News International, ma risulta difficile credergli. Entrambi hanno negato con convinzione di essere stati sul libro paga di News International, ma il problema degli agenti corrotti esiste. Basti pensare agli agenti incaricati della sicurezza della famiglia reale, che per anni hanno venduto informazioni al News of the World, tra cui i dettagli telefonici della regina, del principe Carlo e dei principi William e Harry. Scotland Yard è ora impegnata in una colossale indagine penale sulle intercettazioni: 11.000 pagine contenenti i nomi di circa 4mila possibili intercettati.

Quest'ultima è stata possibile grazie al materiale fornito da Vip che si erano accorti di essere intercettati e dai faldoni finalmente consegnati alla polizia a gennaio di quest'anno dal News of the World. Il vice assistente commissario Sue Akers, incaricata dell'indagine, ha garantito alla commissione parlamentare di indagare in maniera approfondita. «Spero di non dover tornare qui tra cinque anni», ha detto. E, per l'immagine di Scotland Yard, c'è da augurarselo.

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