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Questo articolo è stato pubblicato il 13 luglio 2011 alle ore 08:09.

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Poco dopo l'apertura lo scenario è da brividi. Piazza Affari attorno alle 10 registra un -4,7% con gli spread che tornano a segnare un record dietro l'altro. Giulio Tremonti è a Bruxelles per la riunione dei ministri finanziari. Il titolare dell'Economia a sorpresa esce e davanti alle telecamere dice: «Vado a Roma a chiudere il bilancio».

L'obiettivo è chiudere la manovra entro questa settimana, già venerdì. Non era mai successo. I contatti con le opposizioni sono positivi e l'incontro del pomeriggio a Palazzo Madama vedrà il ministro dell'Economia uscire con il sorriso. L'appello alla coesione di Giorgio Napolitano ha sortito i suoi effetti. I mercati recepiscono il segnale: Milano comincia a risalire la china e a fine giornata chiuderà con la migliore performance europea.
Anche Silvio Berlusconi rompe il silenzio. Poco dopo l'ora di pranzo il premier invia una nota scritta nella quale, oltre a definire la manovra «efficace e credibile», a assicurare sulla stabilità del governo e degli istituti bancari, sulla volontà di tutti, anche dell'opposizione, di lavorare per la crescita, segnala che la crisi impone non solo di «accelerare il processo di correzione in tempi rapidissimi» ma di «rafforzarne i contenuti», definendo «i provvedimenti ulteriori volti a conseguire il pareggio di bilancio nel 2014». In altre parole, si sta preparando la strada a nuovi interventi. Probabilmente in autunno, con la legge di stabilità.

È un messaggio diretto soprattutto alla maggioranza, che di lì a poco incontrerà Tremonti a via XX Settembre per mettere a punto le possibili modifiche da introdurre nella manovra. Il ministro dell'Economia appena rientrato da Bruxelles ha sentito il Capo dello Stato, per aggiornarlo sull'esito degli incontri e i possibili correttivi alla manovra che avrebbe discusso con Pdl, Lega e opposizione nelle ore successive.
Le richieste bellicose dei giorni scorsi sono rimaste chiuse nei cassetti. Anche Umberto Bossi è costretto a fare buon viso a cattivo gioco. Al Senatur non resta che applaudire al senso di responsabilità manifestato dall'opposizione così come Calderoli, Castelli e Bricolo (presenti alla riunione con Tremonti) devono accontentarsi di alcuni aggiustamenti su pensioni e patto di stabilità interno nonché di qualche spot sui tagli dei costi della politica, ma niente di drastico.

Lo stesso vale per il Pdl. Maurizio Gasparri e Gaetano Quagliariello in serata trasmetteranno una nota in cui sottolineano anzitutto di aver ridotto a solo cinque gli emendamenti al decreto. Il capogruppo dei senatori pidiellini aveva inviato un messaggio ai suoi parlamentari in cui vietava espressamente la presentazioni di proposte di modifica a titolo personale. «Tutti gli emendamenti ‐ scrivono Gasparri e Quagliariello ‐ si prefiggono di assicurare alla manovra maggiore equità senza per questo perdere di vista il rigore necessario per rispondere all'attacco speculativo al quale è stato sottoposto il Paese».
Adesso bisogna anzitutto fare presto. Il presidente del Senato Renato Schifani in mattinata ha ottenuto dai capigruppo di maggioranza e opposizione la disponibilità a dare il via libera al decreto già giovedì. Subito dopo il provvedimento passerà alla Camera (oggi la capigruppo con Fini per decidere i tempi) per arrivare all'approvazione definitiva venerdì. Gli ultimi aggiustamenti sono stati concordati nel vertice serale tra Tremonti e i rappresentanti di maggioranza e opposizione.

Pdl e Lega sono però in affanno. Il timore di dover nuovamente intervenire in autunno, per garantire il pareggio di bilancio ed evitare l'accanirsi della speculazione sui nostri titoli manda definitivamente in soffitta l'ipotesi di elezioni anticipate nella primavera 2012. Anche di questo, presumibilmente, Tremonti e Bossi hanno parlato nella cena svoltasi ieri sera tra i due a Palazzo Madama, al termine della quale il Senatur ha garantito che con il ministro dell'Economia «è tutto a posto, anche sugli enti locali». La Lega è nervosa. Non può tirarsi indietro («non faremo fare all'Italia la fine della Grecia», ha detto più volte Bossi) ma allo stesso tempo deve fare i conti con una base sempre più insofferente. Ma anche nel Pdl l'aria che tira è pesante. Tant'è che continuano ad aleggiare i fantasmi di possibili nuovi governi più o meno tecnici. Qualcuno teme che se Tremonti dovesse fare un passo indietro a causa dell'inchiesta su Marco Milanese, Berlusconi potrebbe rimanerne travolto».

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