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Questo articolo è stato pubblicato il 14 luglio 2011 alle ore 08:18.

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Più della metà degli italiani sono connessi a internet. La maggioranza. È un buon risultato, registrato dal Censis, anche se è essenzialmente un risultato piu' simbolico che pratico.

Il fatto positivo è che la percentuale degli italiani connessi è passata dal 48% al 53%: conseguenza dell'aumento dell'accesso a internet del 6,1% negli ultimi due anni, contro una piccola diminuzione di tv, libri, radio e un lieve aumento di settimanali e quotidiani. Visto come un film, è uno spettacolo che comincia in modo promettente, anche se in ritardo.

Ma visto come una fotografia, è ancora un'immagine deludente. Ci sono ragioni per ritenere importante sia l'uno che l'altro punto di vista.
La fotografia è ancora quella di un Paese arretrato rispetto ai concorrenti europei, che in media hanno il 61% delle famiglie connesse alla banda larga e spesso con velocita' ed efficienza superiore alla media italiana, come ricordava pochi giorni fa il presidente dell'Agcom, Corrado Calabrò.

I Paesi economicamente più dinamici sono anche quelli che fanno un maggiore uso di internet e della banda larga. E proprio per questo la Commissione Europea non cessa di propagandare tra i Paesi aderenti l'elaborazione di un'agenda digitale, una lista di priorità che accelerino la diffusione delle tecnologie digitali.

Ma perché l'Italia è così poco aperta all'uso di internet? Le spiegazioni sono diverse, perché le statistiche sull'insieme della realtà italiana nascondono spesso profonde differenze tra le aree del Paese, le generazioni e i ceti sociali. Possiamo osservare che più o meno il 90% della popolazione potrebbe connettersi a internet con una velocità di 2 megabit/secondo: una velocità certo non straordinaria ma decente. Quindi una parte del Paese, quella che geograficamente è più lontana dalle centrali telefoniche, non potrebbe accedere neppure se lo volesse: una situazione diffusa a macchia di leopardo un po' in tutte le regioni. Eppure le famiglie che effettivamente si connettono sono comunque molto meno numerose di quelle che potrebbero. Perché?

Questione di costo economico, ma solo in parte, visto che gli italiani appaiono disposti a spendere per le comunicazioni mobili, tradizionalmente, più delle popolazioni degli altri Paesi europei: tra il 1990 e oggi la spesa in telefoni e servizi telefonici degli italiani è cresciuta quasi del 500%, su un totale dei consumi delle famiglie che è cresciuto meno del 25%, secondo il Censis e l'Istat.

In effetti, c'è dell'altro: secondo i calcoli dell'Ocse, un terzo degli italiani sono in condizioni di analfabetismo funzionale: hanno imparato a leggere, ma non lo hanno mai fatto davvero e quindi hanno perso questa abilità. Non comprendono un giornale, un'offerta di lavoro, o un contratto bancario: si accontentano della televisione e non saprebbero usare internet. La Commissione Europea definisce questa condizione come quella di una vera e propria esclusione dei cittadini dalla possibilità di vivere pienamente le opportunità offerte dalla società contemporanea.
Se la fotografia è questa, il film è migliore. I giovani sono enormemente più aperti e interessati all'utilizzo di internet. E persino il severissimo Tullio De Mauro vede nel massiccio accesso a Facebook dei giovani tra i 25 e i 24 anni - nove su dieci usano i social network - un motivo di speranza per lo stimolo alla lettura che si genera per questa via.

La dinamica innescata dai giovani appare in effetti forte e inarrestabile. E in molte famiglie è proprio per iniziativa dei giovani che le famiglie cominciano a usare internet, con la conseguenza che anche le persone più anziane imparano a vederne l'utilità.

Se è vero che, come dice il commissario europeo Neelie Kroes, la crescita europea è rallentata dall'ancora scarsa utilizzazione delle tecnologie digitali, a maggior ragione lo è per quanto riguarda l'Italia. Nell'economia della conoscenza, l'efficienza e la velocità di gestione e generazione di informazione è decisiva.

E un'accelerazione del comportamento degli italiani in questa direzione non puo' che essere un motivo di speranza.
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