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Questo articolo è stato pubblicato il 13 luglio 2011 alle ore 06:40.

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Segreto d'indagine: l'inchiestra P4 squarcia il velo sulle prassi nella Gdf. È ormai certo, come emerge dalle carte appena depositate dai pm John Henry Woodcock e Francesco Curcio, che nella Gdf le notizie investigative giravano e giungevono spesso, le più importanti, al Comando generale. Ma ai pm queste procedure destano forti sospetti. Così ipotizzano, in alcuni casi, la violazione del segreto d'ufficio. E la versione di Marco Milanese, testimone sentito più volte nell'inchiesta P4 - indagato, invece, in un'altra inchiesta a Napoli e a Roma - racconta episodi inquietanti.

P4, archiviata l'inchiesta nei confronti del generale Gdf Vito Bardi

Milanese parla del generale Vito Bardi, comandante interregionale per l'Italia meridionale della Finanza, indagato per violazione del segreto d'ufficio. «Confermo di aver appreso dal generale Spaziante (comandante interregionale del Lazio, n.d.r.) che lo stesso Bardi - mette a verbale Milanese il 17 maggio - si era recentemente recato da lui a trovarlo raccontandogli, in lacrime, che stava passando un brutto periodo e che aveva problemi giudiziari a Napoli con riferimento all'indagine P4». Poi spiega che «Bardi disse allo Spaziante di essere andato prima al Comando generale della Gdf dove aveva chiesto se avrebbe potuto riferire all'autorità giudiziaria il fatto che aveva, a sua volta, riferito in particolare della vostra indagine P4 al Comando generale».

È lo stesso Bardi, in un'interrogatorio ai pm il 6 giugno, ad affermare: «Ho riferito al comandante generale e al capo di stato maggiore, di volta in volta, ogni volta che veniva fuori il nome di un personaggio di rilievo istituzionale, ma non ricordo con precisione quando; ricordo sicuramente di aver riferito quando Letta è stato sentito e sicuramente ho riferito dell'intercettazione ambientale intercorsa tra Bisignani e il ministro Prestigiacomo in cui si faceva riferimento a Letta». A Bardi vengono contestate le dichiarazioni di un altro generale, Paolo Poletti (oggi vicedirettore Aisi, n.d.r.) secondo cui nessuna norma impone agli ufficiali di polizia giudiziaria di informare i propri superiori, privi della qualifica di ufficiali di polizia giudiziaria, anche perchè «contrasterebbe con una norma di rango superiore, e cioè con la norma del codice di procedura penale che impone agli ufficiali di pg il segreto».

Osserva Bardi: «Prendo atto di quanto dichiarato dal generale Poletti, e al riguardo vi rispondo che questa è teoria; nella prassi le cose vanno diversamente». Il colloquio tra Bardi e Spaziante è confermato dallo stesso Spaziante, che davanti ai pm tuttavia prende le distanze dal collega: «Per quello che mi riguarda - afferma Spaziante - posso dire che io non riferisco nel dettaglio delle indagini fatte da personale da me dipendente al Comando generale. Vado al Comando generale solo quando è necessario per riunioni. Posso comunicare l'oggetto delle indagini, ad esempio frodi comunitarie, fatture false, ma mai mi sognerei di dire quali telefoni sono sotto controllo, fossero anche i telefoni di un ministro, o quali sono i singoli soggetti coinvolti o i singoli atti di indagine».

Spaziante ammette poi di aver riferito a Milanese una voce che correva nel Nucleo di polizia tributaria di Milano, del quale in passato il generale è stato a capo; una «voce» secondo la quale «durante una verifica, credo, a Mediolanum i sottufficiali operanti abbiano trovato un appunto o comunque un documento dal quale sembrerebbe che Mediolanum stessa era stata preavvertita della verifica in oggetto».

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