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Questo articolo è stato pubblicato il 14 luglio 2011 alle ore 08:57.

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Il Primo ministro giapponese Naoto Kan (Epa)Il Primo ministro giapponese Naoto Kan (Epa)

TOKYO - C'è un italiano dietro la svolta antinuclearista del primo ministro giapponese Naoto Kan? Il dubbio è stato sollevato dal quotidiano Nikkei e ripreso dai blogger, due giorni prima prima che, ieri, Kan rompesse un tabu' storico dichiarando che il Giappone dovrebbe cercare di realizzare una società non dipendente dall'energia atomica.

Pur senza indicare una tempistica per la fuoriuscita dal nucleare, il premier ha indicato la prospettiva di un graduale ridimensionamento in più fasi con l'obiettivo ultimo di un Giappone "no nukes". Il Nikkei non ha fatto il nome del "notorio antinuclearista italiano" sospettato di lavare il cervello del premier. E' Pio D'Emilia, corrispondente di Sky TG24. I fatti sono andati così. Il 29 giugno Kan ha telefonato nel corso della presentazione, nell'auditorium Umberto Agnelli dell'Istituto Italiano di Cultura, dell'instant book "Tsunami nucleare" di D'Emilia, esprimendo in termini sfumati l'auspicio di un forte cambiamento di prospettiva diventato necessario dopo l'incidente a Fukushima. In serata Kan è poi passato in uno dei ristoranti di Salvatore Cuomo, re della pizza in Giappone e fondatore di una charity pro-terremotati. Lì, senza mangiare, ha brindato a prosecco e scambiato battute con il giornalista.

Tanto è bastato per un violento attacco del quotidiano conservatore Sankei al premier, accusato di aver pasteggiato a gogo per tutta la sera in tre ristoranti diversi sushi, yakiniku e pizza mentre ancora decine di migliaia di persone languono in strutture di emergenza. Da allora, in un crescendo rossiniano, le dichiarazioni tendenzialmente contro il nucleare del premier si sono moltiplicate. E il Nikkei ha ipotizzato un'influenza straniera su decisioni strategiche per il paese, in un sneso avversato da potenti lobby e dall'industria al gran completo (che teme gli effetti economici delle carenze di energia). "Mi meraviglio che si possa pensare a una mia influenza su Kan - afferma D'Emilia - Certo siamo amici da più di vent'anni. Ho anche collaborato con lui, che è amico di Prodi, nel cercare di indicare l'esperienza dell'Ulivo come un modello politico per chi sembrava condannato a una eterna opposizione". Poi aggiunge: "Tra amici si parla, certo. Quella sera gli ho detto, con tono un po' scherzoso, che dopo la decisione tedesca di uscire dal nucleare nel 2022 e il referendum italiano, in fondo si potrebbe creare un nuovo Patto Tripartito Roma-Berlino-Tokyo, che persegua ancora una leadership mondiale. Questa volta, pero', a fin di bene, nelle energie alternative".

Agli osservatori più accorti, la verità è semplice e l'amico italiano non c'entra per niente. Kan sembra ormai politicamente spacciato, con una popolarità scesa al minimo storico; i suoi giorni o meglio settimane da premier sono contati e così la sua leadership nel partito democratico. L'unica possibilità di entrare nei libri di storia è lasciare una "legacy" come il primo premier giapponese ad aver suggerito coraggiosamente di dire basta all'energia che, da Hiroshima a Fukushima, ha sconvolto la nazione. Se poi Kan, da lottatore, volesse cercare di rilanciarsi, l'unica possibilità che gli resta è quello di sciogliere al più presto il parlamento e convocare gli elettori su un unico tema-chiave a mo' di referendum: l'uscita dal nucleare. Koizumi l'ha fatto qualche anno fa sul ben più astruso argomento della privatizzazione di Japan Post e ha stravinto. Nel sistema giapponese il referendum non è previsto, ma qualcosa che gli somigli porta fortuna a chi lo propugna. A reattori di Fukushima ancora caldi e lontani dal sospirato "cold shutdown" al quale i tecnici stanno affannosamente cercando di portarli, la tentazione, per un politico di razza, può essere forte. Il piano di Kan, allora, non sarebbe italicamente machiavellico ma addirittura mefistofelico: indurre la recalcitrante Dieta ad approvare i provvedimenti più urgenti pro-terremotati e pro-ricostruzione con l'impegno (già preso) a dimettersi subito dopo. E poi spiazzare tutti sciogliendo la Camera Bassa perché no il 6 agosto, anniversario di Hiroshima? Per far decidere sull'atomo e sul suo futuro politico il popolo sovrano.

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