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Questo articolo è stato pubblicato il 14 luglio 2011 alle ore 20:02.

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Carmignac, il mago dei fondi comuni a lezione da WarholCarmignac, il mago dei fondi comuni a lezione da Warhol

Da giovane, a New York, quando guardava Andy Warhol e la sua Factory pensava «a un uomo che regnava su un piccolo mondo di fuori di testa». «Solo dopo la sua morte - racconta - capii che l'artista era un visionario. Oggi i suoi Lenin e Mao mi aiutano a rimanere attento. Cerco dipinti che riescano a destabilizzarmi nello stesso modo». Pare che Edouard Carmignac, 64 anni, 4 figli, ufficio a Place Vendome, si attenda sorprese solo dall'arte, non dalla finanza né dalla crisi mondiale. Con il fondo da 50 miliardi che porta il suo nome (il brand preferito fra i fondi europei secondo una classifica del Financial Times pubblicata a maggio), è diventato un mago della finanza paragonato a seconda del vento a Warren Buffett e Bernie Madoff.

Forse però Warhol e il suo uso della pubblicità lo hanno influenzato di più: come il «re dei matti» fa arte pop con una scatola di fagioli, Carmignac compra di tanto in tanto pagine di giornale per dire ai più come la pensa sull'economia e il resto. Lo ha fatto nel gennaio 2010 pubblicando sui principali giornali economici un annuncio che iniziava come rito funebre per Tokyo, Wall Street e le Borse europee, che non avrebbero fatto meglio dei paesi emergenti (dove non a caso il suo fondo ha scommesso molto), e finiva così: «Ormai (noi europei, ndr) possiamo contare sulla scossa che verrà dal nostro nuovo presidente del Consiglio europeo, il carismatico Herman Van Rompuy, scortato dalla non meno affascinante baronessa Cathy Ashton».

Oggi Carmignac, studi a Parigi e master alla Columbia University, si ripete comprando pagina 4 del Sole24Ore (qui): rivolgendosi ai lettori ha scritto quello che alcuni economisti, non solo asiatici, pensano: la nomina della «molto competente» Christine Lagarde è il risultato di una battaglia dura, si sono salvate le apparenze ma il mondo va da un'altra parte. L'Europa non conta più come prima, l'economia americana rallenta, la politica della Banca centrale europea si rivela «inetta». I paesi emergenti hanno il 67% delle riserve di cambio mondiali eppure un'europea guida il fondo monetario internazionale ormai diventato «il fondo di assistenza per Eurolandia».

Quando non ironizza sulla bellezza della Ashton, la vivacità di Von Rompuy e non scommette sulla «prevedibile attuazione di piani di salvataggio per i paesi europei più fragili che a breve porterà a un riequilibrio dei poteri», Carmignac colleziona quadri attraverso la sua fondazione e non smette di guardare il Mao e il Lenin di Warhol sopra la sua scrivania: «Mi ricordano di non dare mai nulla per scontato». (An.Man.)

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