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Questo articolo è stato pubblicato il 15 luglio 2011 alle ore 06:38.

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Anche l'Fbi decide di aprire un'inchiesta sui tabloid di Murdoch (Ansa)Anche l'Fbi decide di aprire un'inchiesta sui tabloid di Murdoch (Ansa)

LONDRA - Da Scotland Yard all'Fbi, da una sponda all'altra, l'Atlantico si chiude su Rupert Murdoch e il suo impero editoriale, NewsCorp. L'agenzia americana ha confermato di aver aperto un'inchiesta sulle presunte intercettazioni telefoniche ai danni dei parenti delle vittime dell'11 settembre 2001.

L'iniziativa nasce dalle denunce che esponenti politici americani hanno presentato nelle ultime quarantott'ore e in particolare dalla lettera del deputato repubblicano di New York Peter King che ha scritto all'Fbi sollecitando indagini immediate sulle voci riguardanti l'operato di testate del gruppo Murdoch. Potrebbe trattarsi dello stesso News of the World, il settimanale al centro del caso che la società editrice ha chiuso una settimana fa, ma potrebbe trattarsi anche di altri giornali. Inglesi o americani.

In questa fase l'inchiesta nasce quasi per simpatia sull'onda del clamore che sta suscitando in Gran Bretagna. Altri cinque, fra senatori e deputati democratici e repubblicani, hanno chiesto chiarimenti alle autorità Usa, per capire il modus operandi di News Corp coinvolgendo oltre all'Fbi e al ministero di giustizia anche la Sec. News of the World, lo ricordiamo, aveva effettuato intercettazioni illegali sul telefoni dei parenti delle vittime degli attentati qaidisti del 7 luglio 2005 a Londra. Nella nota di denuncia i parlamentari americani hanno scritto che «è essenziale stabilire se una trama del genere sia stata ordita anche ai danni di cittadini statunitensi». Inoltre, va sottolineato, che le norme anti corruzione statunitensi possono colpire il top management di NewsCorp anche per reati commessi all'estero. Tutto quanto è al centro dell'indagine inglese, quindi, può avere conseguenze giudiziarie anche davanti alle corti americane.

I guai s'addensano sempre più fitti all'orizzonte di Rupert Murdoch che ieri ha sorprendentemente accettato di deporre davanti alla Commissione Cultura della Camera dei Comuni. Ha detto sì dopo una giornata di tentennamenti, che si era aperta con un rifiuto e la certezza che solo Rebekah Brooks cittadina inglese e ceo di NewsInternational, la società che custodisce le testate britanniche del gruppo, avrebbe reso, come impone la legge, la sua versione dei fatti in Parlamento. Poi, nel pomeriggio, NewsCorp, ha cambiato versione annunciando che sia Rupert che il figlio e traballante erede designato, James, avrebbero preso parte alla sessione di martedì ai Comuni. Una risposta affermativa, infine, alle pressanti richieste della Commissione che promette un interrogatorio approfondito ai responsabili ultimi di un gruppo capace di assoldare detective privati per intercettare telefoni e spiare semplici cittadini e personalità del regno, l'ex premier Gordon Brown compreso.

Il caso, mentre un nono arresto - quello dell'ex vicedirettore di News of the World Neil Wallis - è stato effettuato ieri dagli uomini di Scotland Yard, non accenna, quindi, a smontarsi nemmeno in Gran Bretagna. Non è bastata la chiusura del News of the World, né l'addio a BskyB per placare acque turbolente. Tanto mosse da indurre Christopher Bancroft esponente della famiglia che fu storica proprietaria del Wall Street Journal, oggi gioiello nella corona di NewsCorp, ad amare considerazioni. «Se avessi saputo quanto so ora - ha detto - non avremmo mai venduto».

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