Storia dell'articolo
Chiudi
Questo articolo è stato pubblicato il 16 luglio 2011 alle ore 09:36.
ROMA. La Camera approva in via definitiva la manovra dei record e Silvio Berlusconi rompe il silenzio per sostenere che ora «l'Italia è più forte». Giorgio Napolitano dal Quirinale promulga immediatamente il decreto. Il paese - osserva - ha motivo di essere grato al Parlamento «per l'impegno e la determinazione con cui ha proceduto in tempi brevissimi all'esame e alla votazione del decreto legge». Ora servono nuove prove di coesione, a partire dalle scelte «che restano da adottare per rompere la morsa alto debito-bassa crescita».
La progressione temporale fornisce adeguatamente il senso della straordinarietà del momento. In meno di un'ora dal via libera definitivo da parte della Camera, il Quirinale ha diffuso la notizia del via libera da parte del Capo dello Stato. Napolitano ha chiesto e ottenuto un gesto di responsabilità e di coesione da parte di tutte le forze politiche di maggioranza e opposizione, e ora accoglie con viva soddisfazione l'esito delle votazioni. Per una volta la risposta, se pur con la netta contrarietà dell'opposizione sul contenuto del decreto, è stata unanime: approvazione lampo della manovra, come segnale immediato da inviare ai mercati sulla ritrovata stabilità a difesa del debito italiano. Coesione che per espressa ammissione dello stesso Napolitano ha del miracoloso.
L'unità di intenti è esattamente quel che il presidente della Repubblica aveva chiesto. «Per noi - ammette Berlusconi - è un momento certo non facile. La crisi ci coglie nel mezzo del forte processo di correzione dei conti pubblici. La nostra capacità di mantenere i conti sotto controllo, dopo lo scoppio della crisi finanziaria del 2009, è stata superiore a quella di altri paesi». Il tono è severo, lontano dal tradizionale e ostentato ottimismo del premier. Segno che il momento è effettivamente complesso. La crisi - ribadisce il premier - ci spinge ad accelerare il processo di correzione dei conti pubblici in tempi rapidissimi, a rafforzarne i contenuti, a definire compiutamente i provvedimenti ulteriori volti a conseguire il pareggio di bilancio nel 2014». Ora occorre eliminare «ogni ulteriore dubbio sull'efficacia e sulla credibilità della correzione, ma occorre anche operare per rimuovere gli ostacoli che frenano la crescita della nostra economia». Ai suoi più tardi ribadisce: «Non me ne andrò finchè non avrò abbassato le tasse. Sto studiando il modo, ma certo è difficile poterlo fare ora perchè la situazione è delicata e non credo sia possibile intervenire».
Certamente, sotto la regia di Napolitano la concertazione ai massimi livelli istituzionali ha funzionato, così come è stato recepito in pieno dal Parlamento il senso dell'urgenza. Il Capo dello Stato non ha dubbi: si è trattato di una «prova straordinaria di consapevolezza e di coesione nazionale, che rafforza la fiducia nell'Italia delle istituzioni europee e dei mercati». È stato decisivo il concorso delle forze di opposizione. Gesto di responsabilità che il presidente della Repubblica apprezza. Anche se Pier Luigi Bersani avverte: «La nostra prova di responsabilità nei confronti del governo finisce qui. L'abbiamo fatto per l'Italia aggredita dai mercati».
Napolitano ne è ben consapevole. Tuttavia, non può che registrare con favore che l'esame parlamentare della manovra sia avvenuta «senza alcuna rinuncia da parte di qualsiasi forza politica alle proprie posizioni, né alcuna confusione di ruoli e responsabilità». Si può contare sui nostri punti di forza, che Berlusconi sintetizza nella solidità del sistema bancario, nella vitalità dell'economia «che può contare sulla capacità innovativa degli imprenditori e sulla laboriosità dei nostri lavoratori», oltre che sul senso di responsabilità delle parti sociali. Ora - conclude - «dobbiamo essere uniti, coesi nell'interesse comune, consapevoli che agli sforzi e ai sacrifici di breve periodo corrisponderanno guadagni permanenti e sicuri».
©RIPRODUZIONE RISERVATA