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Questo articolo è stato pubblicato il 17 luglio 2011 alle ore 16:59.

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Il governo aumenta il prezzo della benzina per finanziare la guerra contro il principale fornitore di petrolio all'Italia: la Libia. La paradossale iniziativa è nascosta tra le righe del Decreto Legge 107 del 12 luglio che rifinanzia le missioni militari all'estero per il secondo semestre della'anno.
L'aumento della accise sui carburanti di quattro centesimi al litro era già stato annunciato a fine giugno, ufficialmente per far fronte all'emergenza immigrati e profughi. "Una scelta dolorosa necessaria per la tenuta dei conti" aveva dichiarato in un'intervista a La Stampa il sottosegretario allo Sviluppo economico, Stefano Saglia, che aggiunse l'impegno del governo "a revocare l'accisa per i profughi a emergenza finita". Invece l'aumento non solo è stato esteso a tutto il 2012 ma le maggiori entrate fiscali verranno utilizzate per finanziare lo sforzo bellico contro il regime di Gheddafi.

L'articolo 10 del Dl 107 recita al Comma 3 che " agli oneri connessi all'attuazione delle risoluzioni del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite 1970 e 1973 (che autorizzano l'intervento militare internazionale in Libia - ndr) nel periodo dal 18 marzo 2011 al 30 giugno 2011, si provvede con quota parte delle maggiori entrate acquisite con le modalità di cui all'articolo 5, comma 5-quinquies, della legge 24 febbraio 1992, n.225, e successive modificazioni, nella misura di euro 134 milioni a favore del Ministero della difesa e di euro 8 milioni a favore del Ministero degli affari esteri."

Le spese di guerra alla Libia sostenute da marzo a giugno e quantificate in 143 milioni di euro dal ministro della Difesa, Ignazio La Russa, vengono quindi finanziate in base a una legge, la 225 del 1992, che istituì la Protezione Civile e che al Comma 5 quinquies prevede che il fondo di riserva per le emergenze possa venire reintegrato "con le maggiori entrate derivanti dall'aumento dell'aliquota dell'accisa sulla benzina nonché dell'aliquota dell'accisa sul gasolio usato come carburante" in misura "comunque non superiore a cinque centesimi al litro".

Le entrate determinate dall'aumento della tassazione finanzieranno retroattivamente le spese di guerra sostenute nel primo semestre (oltre ai
58 milioni di spesa previsti per le operazioni aeree e navali tra luglio e
settembre) e rimaste finora a carico del bilancio della Difesa, già asfittico soprattutto alla voce Esercizio. Già in aprile fonti governative che avevano chiesto l'anonimato avevano riferito che per ben cinque volte il Consiglio dei ministri non era riuscito a varare il provvedimento di finanziamento delle spese di guerra, alle quali il ministro Giulio Tremonti insisteva a voler far fronte aumentando le accise sui carburanti.

Il ministro alla fine l'ha spuntata nonostante l'opposizione della Lega Nord che il 3 maggio scorso aveva preteso e ottenuto che la mozione negoziata con il Pdl sulla guerra contro Gheddafi, firmata dai capigruppo della maggioranza, contenesse indicazioni precise sulla fine della partecipazione italiana al conflitto entro settembre, una graduale riduzione degli impegni militari all'estero e soprattutto nessun aumento delle tasse.
Comprensibile quindi il silenzio del governo circa il vero scopo dell'incremento della pressione fiscale sui carburanti. Del resto anche gli annunciati tagli alle spese complessive per le missioni oltremare sono inesistenti nonostante le ventilate riduzioni di truppe in Libano e Kosovo e il la sostituzione nelle acque libiche della portaerei Garibaldi (sulla quale i jet imbarcati Harrier pare abbiano esaurito le bombe) con la nave da sbarco San Giusto dotata di elicotteri. Nel secondo semestre dell'anno è infatti prevista la spesa di 736 milioni di euro che sommati agli 811 stanziati per il primo semestre portano il costo annuale delle missioni a 1,55 miliardi, qualche decina di milioni in più rispetto alle spese sostenute l'anno scorso e nel 2009.

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