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Questo articolo è stato pubblicato il 19 luglio 2011 alle ore 08:07.

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Una situazione in rapido deterioramento. La parola d'ordine è una sola: per salvare l'ospedale San Raffaele di Milano non sono ipotizzabili ulteriori ritardi. La notizia del suicidio di Mario Cal, il braccio destro di Don Luigi Verzè, è arrivata come un fulmine a ciel sereno.
Sotto osservazione i numeri del gruppo, per il quale i consulenti tecnici e legali chiedono il concordato in continuità come unica strada per evitare il fallimento e per congelare le ingiunzioni di pagamento dei fornitori, nel frattempo arrivate a superare quota 60 milioni.

Numeri impietosi: circa 900 milioni di euro complessivi di indebitamento, dei quali 600 verso i fornitori, svalutazioni per quasi 55 milioni come evidenziato dalla relazione di Deloitte e la necessità di avere al più presto quei mezzi freschi per 200-250 milioni promessi dallo Ior, la banca del Vaticano, in modo da coprire le perdite di bilancio (nel 2010 quelle dichiarate ammontavano a 60 milioni di euro).
Proprio ieri, con la notizia del suicidio di Mario Cal a catalizzare le discussioni, si sono tenuti una serie di incontri. Il commercialista Giovanni La Croce ha inviato al nuovo consiglio della Fondazione Monte Tabor la relazione di fattibilità del concordato. Nel frattempo, ieri, le banche finanziatrici (in prima fila Intesa Sanpaolo e UniCredit) e i legali (Marco Arato dello studio Bonelli Erede Pappalardo e il banchiere Arnaldo Borghesi) si sono incontrati allo studio dell'avvocato Gregorio Gitti per definire gli ultimi dettagli del concordato e del piano di salvataggio successivo.

L'obiettivo sarebbe uno solo: cioè arrivare al deposito in Tribunale a Milano per questa settimana. Anche perché il tempo stringe: il Pm di Milano Luigi Orsi, che aveva proprio sentito il manager Mario Cal come persona informata dei fatti nelle scorse settimane, potrebbe formalizzare l'inchiesta per la quale, per ora, era stato aperto soltanto un fascicolo informale. Ma è difficile che il concordato possa essere accettato già ora dal nuovo consiglio del Monte Tabor, al quale è stata passata venerdì scorso la patata bollente del salvataggio. I nuovi consiglieri e soprattutto il neo-eletto vicepresidente Giuseppe Profiti, presidente dell'ospedale Bambin Gesù di Roma, l'uomo che il Vaticano ha scelto per salvare Don Verzè dal fallimento, avrebbero infatti convinto il prete-manager a farsi da parte a condizione che non venga scelta per il San Raffaele la strada del concordato.

Per cercare opzioni alternative alcuni consiglieri del nuovo Cda starebbero provando a contattare professionisti molti noti nel mondo della finanza. Sarebbe stato chiesto l'aiuto dell'avvocato Francesco Gianni, uno dei legali italiani più noti, ma anche di Enrico Bondi come super-consulente. L'obiettivo potrebbe essere quello di ricreare sul San Raffaele la coppia che ha risanato Parmalat. Ma su entrambi i nomi c'è grande riserbo, soprattutto su quello del manager, che non avrebbe dato ancora il suo assenso. Per il 22 luglio è convocato il consiglio di amministrazione, dopo l'insediamento dei rappresentanti del Vaticano e nella riunione potrebbe essere definito il coinvolgimento di Enrico Bondi. Infine, come direttore generale potrebbe arrivare un manager già in passato al San Raffaele, da dove se ne era andato proprio per contrasti con Mario Cal: cioè Renato Botti.

Ma su tutta la vicenda resta un grande punto interrogativo, a maggior ragione ora che il suicidio di Mario Cal sta avendo effetti dirompenti. Dell'offerta del Vaticano, di cui si è molto parlato, finora non c'è traccia concreta, scritta su un pezzo di carta. E nulla si sa anche della fantomatica charity internazionale che dovrebbe mettere sul piatto un miliardo di euro in cinque anni.
Le banche e i consulenti legali ritengono dunque la strada del concordato come l'unica praticabile, e che consentirebbe di avviare le dismissioni degli asset non strategici (l'albergo in Sardegna e Blu energy, la centrale di energia elettrica di Vimodrone) che, per ora, sono bloccate.

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