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Questo articolo è stato pubblicato il 21 luglio 2011 alle ore 08:32.
ROMA - Sono quasi le sette della sera quando nell'aula della Camera scende il gelo. Alfonso Papa, smarrito, si guarda intorno, poi alza gli occhi verso il tabellone luminoso per cercare conferma alle parole del presidente Gianfranco Fini: «Votanti 612, maggioranza 307. Favorevoli 319, contrari 293.
La Camera autorizza l'arresto...». Il deputato del Pdl si alza dal suo banco, fa un giro su se stesso e poi si avvia lento verso l'uscita nell'incredulità generale. Increduli il Pdl e Silvio Berlusconi, convinti di riuscire a strappare, complice il voto segreto, il no alle manette per l'ex magistrato accusato di concussione, favoreggiamento e rivelazione del segreto d'ufficio; incredula anche l'opposizione che, al contrario, ha battagliato compatta fino in fondo per il sì all'arresto; e incredula persino la Lega, accusata di ambiguità, stretta tra l'esigenza di mandare al paese «un segnale di legalità» e il rischio di finire nel «partito dei manettari», preoccupata per le conseguenze politiche dello strappo dal Pdl. Forse, quei 27 voti di differenza che hanno aperto le porte del carcere di Poggioreale ad Alfonso Papa sono arrivati proprio dal Carroccio, anche se gran parte dei leghisti, a cominciare da Roberto Maroni (seduto nei banchi dei deputati e non in quelli dei ministri) hanno fatto di tutto per rendere "palese" il loro sì all'arresto.
Mentre alla Camera si consuma la sconfitta di Papa, del Pdl e della maggioranza, al Senato, pochi minuti dopo, va in scena un altro film: Alberto Tedesco, l'ex senatore Pd coinvolto nell'inchiesta di Bari sulla malasanità pugliese (autosospesosi dal partito e ora iscritto al Gruppo misto) si "salva" dagli arresti domiciliari con 151 no a fronte di 127 sì e 11 astenuti. Anche lì il voto è segreto su richiesta del Pdl, mentre l'opposizione vorrebbe il voto palese. Lo stesso Tedesco vuole la conta alla luce del sole e chiede al Senato di concedere l'autorizzazione all'arresto. Ma nel segreto dell'urna i no superano il partito del sì (Pd, Idv, Udc, Terzo Polo e Lega Nord). I conti non tornano: ce ne sono 24 in più: voti di matrice leghista, sostiene il Pd, dei sì diventati no all'ultimo momento per scaricare sul centrosinistra l'accusa di incoerenza, una volta appreso il risultato della Camera. Per il capogruppo Pdl Maurizio Gasparri, invece, i franchi tiratori sono stati da ambo le parti: nel Pd e nella Lega.
L'epilogo della vicenda Tedesco imbarazza il Pd ma rende ancora più amaro il boccone ingoiato dal Pdl alla Camera. Erano 27 anni che la Camera non autorizzava più l'arresto di un deputato. L'ultimo via libera risale al 1984 e riguardava Massimo Abbatangelo, del Msi-Dn, condannato per aver partecipato nel '70 all'assalto, con bottiglie incendiarie, a una sezione napoletana del Pci. Poi più nulla. Fino a ieri. «È una decisione che accetto con serenità. Le responsabilità politiche di questo gesto se le assume chi le ha prese», dice Papa ai cronisti che lo intercettano appena fuori da Montecitorio, deciso ad andare a costituirsi. «Oggi qualcuno ha ritenuto di prendere la via più comoda, più facile, con un voto condizionato da valutazioni politiche: come stanno le cose si vedrà nel tempo», aggiunge.
E poi: «Mi sento un prigioniero politico, un prigioniero della politica. Questo voto è stato il trionfo del giustizialismo». In aula, terminate le dichiarazioni di voto, aveva preso la parola per dire del suo «dolore umano», del «momento più terribile», quello in cui ha dovuto raccontare ai figli di 10 e 12 anni che questo fine settimana sarebbe potuto finire in carcere e non tornare a casa, della sua «consolazione», ossia la «vicinanza» della moglie e del suo impegno «nella battaglia di libertà e verità»: «La condurrò qualunque sia la mia condizione: starà a voi decidere se potrò farlo da libero o da prigioniero». Ad applaudirlo, però, sono stati soltanto i deputati del Pdl, Berlusconi e i ministri presenti, compreso Angelino Alfano, seduto non nei banchi dei ministri ma nelle file dei berlusconiani. Immobile la Lega.
A difenderlo, prima, erano stati Francesco Paolo Sisto e Maurizio Paniz, che avevano parlato di un «super fumus persecutionis» dei magistrati napoletani e del rischio di farsi «travolgere dall'ondata mediatica di "dalli all'untore"». Ma l'opposizione è andata fino in fondo (favorevoli all'arresto anche i radicali). Il capogruppo Pdl Fabrizio Cicchitto parla di «voto liberticida». Il segretario del Pd Pierluigi Bersani commenta: «I numeri tra Camera e Senato dimostrano che le opposizioni hanno avuto una linea coerente e compatta. Noi siamo stati sulla linea giusta, e cioè che i parlamentari sono uguali agli altri cittadini, mentre per il Pdl non lo sono».
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