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Questo articolo è stato pubblicato il 26 luglio 2011 alle ore 06:40.

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«La comunità internazionale ha fallito nel costruire la sicurezza alimentare dei Paesi in via di sviluppo. Se non prendiamo subito le misure necessarie questa carestia sarà il peggior scandalo del secolo». L'accorato appello lanciato dal ministro dell'Agricoltura francese, Bruno Le Maire, è solo uno dei tanti allarmi diffusi ieri durante il vertice d'emergenza sulla crisi del Corno d'Africa, convocato dalla Francia, presidente di turno del G20, e tenutosi nella sede della Fao a Roma.
Nessuno ha più dubbi; si tratta di una delle peggiori, se non la peggiore siccità che ha investito il Corno d'Africa negli ultimi 60 anni. Cinque i Paesi coinvolti: Etiopia e Somalia, già martoriate negli ultimi decenni dalle carestie, il nord del Kenya, ormai messo in ginocchio, alcune aree del neo nato Sud Sudan, e il piccolo Gibuti. Prima erano otto, oggi sono 12 milioni le persone a rischio, che necessitano urgentemente di aiuti alimentari. Ma è nella disastrata Somalia che la situazione è precipitata. Qui nelle regioni centro meridionali controllate dagli Shabaab, gli estremisti islamici vicini ad al-Qaeda, due vaste aree hanno già raggiunto il livello massimo, il 5°. Quello che indica "famine", (carestia). Vale a dire aumento del 30% di malnutrizione acuta per i bambini con meno di 5 anni, tasso di mortalità giornaliero superiore a 2 persone su 10mila, l'accesso a meno di 4 litri d'acqua pro-capite al giorno e meno di 1.500 kilocalorie al giorno. L'area a rischio massimo potrebbe presto coinvolgere altre aree.
In fuga dalla guerra e dalla siccità, dopo due settimane di cammino, ogni giorno almeno 3mila somali si riversano nei campi profughi sul confine con Etiopia e con il Kenya. «Siamo preoccupati per i bambini. Sono così deboli che molti di loro hanno meno del 40% di possibilità di cavarsela», ha precisato ieri il direttore esecutivo del Pam, Josette Sheeran. In meno di due settimane - ha fatto sapere Save the children - il numero di bambini malnutriti nei 14 centri allestiti dall'organizzazione nei campi del Puntland, Stato semi autonomo nel nord del Paese, è raddoppiato da 3.500 a 6.000. Quelli in ocndizioni gravissime sono saliti da 300 a 600.
Era da almeno sei mesi che le Ong lanciavano ripetuti allarmi sulla siccità. La crisi era prevedibile. Si poteva prevenirla, almeno in parte. Evitare che morisse il 90% del bestiame, principale fonte di sostentamento in Somalia. Complici le rivolte arabe e la crisi finanziaria ci si è mossi troppo tardi, e, per ora, troppo poco. Nella regione «la situazione è catastrofica», ha detto il direttore generale della Fao, Jacques Diouf. Serve «un aiuto massiccio e urgente», ha aggiunto, ricordando che l'Onu ha chiesto 1,6 miliardi di dollari per il 2011 per far fronte alla crisi. Cifra che non ha ancora raggiunto la metà dei finanziamenti. La Banca mondiale ha annunciato ieri uno stanziamento di 500 milioni di dollari, aggiungendone subito 11 per assistere i più vulnerabili.
Pur partita in ritardo, in Kenya ed Etiopia si sta muovendo la macchina degli aiuti. Ma in Somalia la situazione è quasi impossibile. Nello Stato senza Stato, in balia del caos e dell'anarchia dal 1991, ci sono ampie fette del territorio dove nessuno, o quasi, vuole, né può andare. La crisi si è deteriorata nel 2008, quando gli Shabaab hanno sferrato una grande offensiva contro il Governo somalo di transizione assediando Mogadiscio. Da allora controllano quasi otto regioni su nove della Somalia centro-meridionale. Dal 2009 hanno vietato a quasi tutte le Ong, tra cui il Wfp, l'accesso alle zone sotto il loro controllo. Oggi l'Onu inizierà a paracadutare gli aiuti sulla Somalia. Il campo profughi di Dadaab, in Kenya, al confine con la Somalia, era stato progettato per ospitare 90mila persone. Oggi ne conta già quasi 400mila. Qui i ritardi nell'assistenza stanno creando gravi problemi.
«I Paesi donatori si sono dati un nuovo appuntamento alla conferenza sugli aiuti mercoledì prossimo a Nairobi. L'ennesimo rinvio per una crisi che era stata ampiamente annunciata dalle organizzazioni umanitarie e che per mesi è rimasta colpevolmente dimenticata», ha dichiarato Marco Bertotto, direttore di Agire (Agenzia italiana per la risposta alle emergenze), aggiungendo: «Se anche quest'occasione sarà persa, la comunità internazionale si sarà resa corresponsabile di una gigantesca, quanto evitabile, crisi umanitaria».
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UN AIUTO SUBITO
L'appello di Agire
Agire (a cui aderiscono 12 note organizzazioni non governative: Actionaid, Amref, Avsi, Cesvi, Cisp, Coopi, Cosv, Gvc, Intersos, Save the children, Terres des Hommes, Vis ) ha lanciato un appello congiunto per la raccolta fondi per sostenere gli interventi in corso nel Corno d'Africa
Chi desidera dare un contributo può inviare un Sms al numero 45500 per donazioni da due euro da cellulari Tim, Vodafone, CoopVoce, Poste Mobile o chiamando da reti fisse Telecom Italia e TeleTu (fino al 12 agosto)
Per altre modalità di donazione è possibile consultare il sito dell'organizzazione www.agire.it
Altri siti per donare.
Si può donare fatte anche da www.medicisenzafrontiere.it e da www.oxfamitalia.org

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