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Questo articolo è stato pubblicato il 27 luglio 2011 alle ore 07:40.

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La morte, in Sicilia, fa cinquemila. Cinquemila euro, ma solo per gli eletti, di nome e di fatto, che siedono tra gli scranni di Palazzo dei Normanni, sede dell'Assemblea regionale siciliana. Novanta siculi purosangue e 280 loro predecessori che fino a un paio di settimane fa godevano persino di un sussidio per le spese del loro funerale. Quelli che sui commiati ci campano, si sono presi la briga di fare quattro conti. Sorpresa: un funerale, anche di alta classe, di euro al massimo ne vale tre mila. Perché ai deputati siciliani cinquemila?

In Sicilia è un errore gravissimo commisurare le prestazioni ai compensi. Prendete i novanta dell'Ars: una leggina degli anni Sessanta, pensata e scritta sempre da loro, li equipara in tutto e per tutto ai senatori della Repubblica italiana. Qualcuno ha giustamente osservato che l'Italia è un sistema tricamerale composto da Camera, Senato e Assemblea regionale siciliana. Novanta bocche voracissime in più da sfamare e con smanie in linea con lo statuto speciale di rango costituzionale conferito all'isola nel lontano 1948. Inutile girarci attorno: fa 18mila euro netti di stipendio al mese cadauno, più le indennità che fioriscono per incarichi di presidenti, vicepresidenti, questori, segretari, etc. etc.

Sulla questione ha cercato di porre rimedio il presidente dell'Assemblea, Francesco Cascio, un odontoiatra-enfant prodige che a 21 anni ha debuttato al consiglio comunale di Palermo con una dote di seimila voti di preferenza. Cascio, criticato un giorno sì e uno no dal Governatore Raffaele Lombardo e dal fondatore di Forza Sud Gianfranco Micciché, vuole passare alla storia dell'assemblea siciliana come il moralizzatore. Forse si ispira al suo omologo e conterraneo Renato Schifani, che inonda, al pari di Angelino Alfano, di comunicati di congratulazioni e solidarietà anche quando basterebbe una semplice telefonata.

Ma Cascio è una persona ben educata. Il suo discorso d'insediamento all'Ars è alto e vibrante. Il neopresidente si appella alla "politica vivente" e ammonisce i deputati di quell'aula sorda e grigia: «Rammentiamoci, sempre, che i giovani ci stanno a guardare!». Già, i giovani guardano con malcelato disgusto e Cascio cancella con un tratto di penna il sussidio di 6.400 euro che spettano agli ex deputati per «l'aggiornamento politico e culturale». Una bella mossa se poi non si scoprisse che dei quattrini dovranno farne a meno soltanto gli ex deputati che godono di un assegno vitalizio pagato vita natural durante dai contribuenti isolani. Per gli altri che ancora non sono in pensione e pare abbiamo necessità impellente di aggiornamento "politico e culturale" finanziato dai siciliani, quel sussidio non verrà meno.

I giovani, sempre loro, insistono. E nei blog, al contrario di Cascio, parlano di politica morente. Per assonanza e – chissà – scaramanzia, l'ufficio di presidenza dell'Ars cancella i cinquemila euro di sussidio per i funerali che spettavano a chiunque avesse occupato anche per un solo giorno la poltrona di deputato. I collaboratori più stretti del presidente del'Ars sono orgogliosi di questo disboscamento: «La Sicilia, sui tagli ai costi della politica, anticipa il Senato della Repubblica». Ma nessuno parla della riduzione dei deputati da novanta a cinquanta, come succede per esempio in Emilia-Romagna. Per un'indennità persa c'è sempre la moltiplicazione degli incarichi di presidente e vicepresidente di commissione che valgono dai mille ai tremila euro al mese in più. Esaurite tutte le commissioni a rigor di materie sulle quali l'assemblea ha competenza, qualcuno si è inventato il "Comitato per la qualità della legislazione" che esprime pareri sulla «omogeneità, semplicità e chiarezza» dei testi legislativi. Non è un lavoro massacrante: nel 2010 l'Assemblea regionale siciliana ha partorito 23 leggi. Nel 2009 erano state soltanto 12.

Tanti deputati per nulla, insomma. La stessa cosa succede ai dipendenti regionali. A fare i conti in tasca alla burocrazia siciliana è stato il procuratore generale della Corte dei Conti Giovanni Coppola. La sua relazione del 30 giugno 2011 è un durissimo atto d'accusa. Il confronto con la Lombardia, che ha il doppio degli abitanti della Sicilia, è umiliante. La Lombardia conta 212 dirigenti, la Sicilia 3mila. Il calcolo è presto fatto: a ogni lombardo la burocrazia regionale è costata 13 euro, a ogni siciliano 204. Funerale più, funerale meno.

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