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Questo articolo è stato pubblicato il 28 luglio 2011 alle ore 07:35.

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Nella foto alcuni attivisti del Tea Party (Epa)Nella foto alcuni attivisti del Tea Party (Epa)

Quando Eric Cantor venne a sapere, dal vice presidente Joe Biden, che John Boehner stava per recarsi alla Casa Bianca ricorse a un gesto plateale per il suo "strappo": si ritirò dai negoziati sul debito con l'amministrazione di Barack Obama, nei quali capitanava la delegazione repubblicana. Il gesto è avvenuto ormai settimane or sono ma i retroscena sono affiorati solo successivamente e sono la cartina di tornasole di un'altra grande divisione che, assieme allo scontro tra repubblicani e democratici, sta spingendo gli Stati Uniti sull'orlo del default. Quella tra repubblicani e repubblicani: una divisione fatta di differenze generazionali, politiche e ideologiche, esplose anche in aperte ribellioni che hanno messo in discussione la leadership del partito.

Le relazioni pericolose hanno per protagonisti quattro personaggi: accanto a Boehner, speaker della Camera, e a Cantor, capogruppo dei deputati, ci sono Mitch McConnell, il leader di minoranza al Senato, e Jim Jordan, influente deputato della Virginia. Boehner e McConnell incarnano la vecchia guardia conservatrice. Per età, Boehner ha 61 anni McConnell 69, e per carattere, entrambi sono noti per l'abilità di manovrare dietro le quinte. Le loro credenziali conservatrici sono convincenti: Boehner, in Parlamento dal 1991, fu protagonista della "rivoluzione" repubblicana del 1994 a fianco di Newt Gingrich. Sull'altro lato della barricata Cantor ha invece 48 anni, preferisce le dichiarazioni frequenti e taglienti e, sebbene alla Camera dal 2001, è giunto al successo politico sull'onda del movimento populista dei Tea Party. Jordan, 47 anni e in aula dal 2007, è ancora più vicino al movimento: guida un gruppo di decine di nuovi eletti con i voti dei Tea Party. La sua sfida a Boehner - l'ha accusato di pochi tagli di spesa nel piano sul debito - è quasi personale: entrambi sono stati eletti in Ohio.

Personale è anche la sfida tra Cantor e Boehner, che soffre le pressioni del capogruppo. Quest'ultimo, per la sua carica di partito, si è schierato nelle ultime ore a sostegno dei progetti che Boehner sta scrivendo e riscrivendo, invitando i colleghi più radicali a non esagerare, a «smettere di lamentarsi», ma la freddezza reciproca appare innegabile.

Alle spalle di scontri di strategia e di ambizioni individuali, però, la leadership del partito appare divisa anche quando si tratta di ideologia: in lotta tra loro sono due interpretazioni del reaganismo. Più dell'obiettivo del pareggio di bilancio conta come ci si arriva. La strada scelta, con appropriata rigidità, è battezzata starve the beast, affamare la bestia. Ovvero tagliare spesa e tasse per costringere il Governo a rimpicciolirsi. Altri sottolineano al contrario l'abilità di Ronald Reagan di raggiungere compromessi. La posta in gioco è alta: come già in passato una riconciliazione fra anime diverse potrebbe diventare la chiave per le fortune elettorali del partito nel 2012.

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