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Questo articolo è stato pubblicato il 27 luglio 2011 alle ore 09:03.

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Per assicurarsi un vitalizio da upper class non è indispensabile calcare le Aule di Montecitorio o Palazzo Chigi. Essere eletti in consiglio regionale basta quasi sempre a garantirsi un'entrata costante, che diventa importante per chi riesce a totalizzare più di una consiliatura e sontuosa se ci si trova nella Regione giusta. Il bingo è per chi fa politica nella terra dei record, la Calabria, che ai propri consiglieri di lungo corso garantisce una «pensione» più alta di quella dei parlamentari: dopo tre mandati si arriva a 9.733 euro netti al mese, guardando dall'alto in basso i 7.200 euro lordi riservati agli ex senatori.

Merito, prima di tutto, della struttura delle indennità che, come riporta il censimento degli "stipendi" realizzato dalla conferenza dei presidenti dei consigli, in Calabria privilegia la parte fissa di base (8.508,05 euro netti al mese, contro i 4.500 della Campania, per fare un esempio) e assottiglia quella variabile legata ai «rimborsi» (2.808 euro al mese, invece dei 6.317 della Campania). Il vitalizio si calcola sulla quota fissa, e il gioco è fatto.

La «pensione» dei consiglieri, comunque, non fa eccezione nella terra dei record, dove tutti i costi della politica appaiono ai massimi: stando alle spese (2008) riclassificate dalla Copaff, in Piemonte e Lombardia gli organi istituzionali costano ogni anno 7,5 euro a residente, in Campania si arriva a 14,8 e in Calabria si sfonda il muro dei 38 euro pro capite. Il tutto in un Consiglio che, secondo l'ultimo rapporto sulla legislazione regionale, presenta il numero di atti di indirizzo e di interrogazioni più basso d'Italia (e anche il tasso di risposta inferiore).

L'ultimo check up complessivo dell'attività dei consigli regionali in Italia è riferito al 2009, quando in Regione la maggioranza era di centro-sinistra, ma il cambio di casacca realizzato con le amministrative 2010 non sembra aver cambiato il quadro: nel 2011 il consiglio si è riunito 6 volte, contro le 29 del Veneto.

Record a parte, il vitalizio è oggetto di discussione ormai ovunque, e di abrogazione quasi mai. Unica eccezione, finora, l'Emilia Romagna, che ha deciso di cancellarli, ma solo a partire dal 2011. Anche in Umbria la maggioranza di centro-sinistra sembra decisa a imboccare la stessa via, mentre in Valle d'Aosta è calcolato con il metodo contributivo, in base al criterio del «tanto versi, tanto riceverai» che fuori dalle assemblee elettive è regola generale da anni. Nelle altre Regioni, il vitalizio è calcolato in percentuale sull'indennità, con un moltiplicatore che cresce insieme agli anni passati dall'interessato sui banchi del Consiglio regionale.

L'età per il diritto all'assegno oscilla dai 60 ai 65 anni a seconda della Regione, con una eccezione: nel Lazio il diritto al vitalizio scatta a 55 anni, ma chi proprio non ce la fa ad attendere può cominciare a ricevere l'assegno a 50 anni, rinunciando al 5 per cento per ogni anno di anticipazione. Niente paura, però, superata la soglia dei 55 anni la decurtazione scompare e l'assegno torna a essere pieno: non solo, il vitalizio laziale è girabile ai coniugi superstiti senza pagare nulla, mentre nelle altre regioni la reversibilità si paga.

gianni.trovati@ilsole24ore.com

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