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Questo articolo è stato pubblicato il 27 luglio 2011 alle ore 06:37.
Una strana calma ha avvolto i mercati finanziari, in Europa e negli Stati Uniti, che hanno chiuso tutti attorno ai livelli del giorno prima. Più che strana, bisognerebbe definirla indecifrabile: poiché non si capisce se sia motivata dall'attesa di qualche avvenimento, da una sorta di stanchezza dopo il massacro sulle quotazioni dei titoli bancari e dei bond governativi italiani, spagnoli e dei tre Paesi più a rischio.
Oppure, semplicemente, dall'esigenza tra gli investitori di una breve pausa prima di procedere a ulteriori ribassi. Lo Stoxx ha perso lo 0,44%, appesantito dai titoli francesi (-0,66%) e svizzeri (-0,45%). Francoforte (+0,07%) e Londra (+0,08%) hanno chiuso pressoché invariate, mentre un timido segno positivo s'è visto a Milano (+0,27%).
A New York, dove l'S&P ha subito una piccola limatura (-0,44%) così come il Nasdaq (-0,1%), avrebbero pesato le attese per l'estenuante trattativa sul tetto al debito pubblico. In realtà, se nessun accordo c'è stato tra la Casa Bianca e il capo del repubblicani, nessun dramma s'è registrato sui mercati. Nemmeno quando la International Swap and Derivatives Association, l'agenzia che in qualche modo sovraintende il mercato Otc dei credit default swap, ha lanciato un suo minaccioso ultimatum al Tesoro Usa: quest'ultimo avrebbe solo tre giorni per trovare una soluzione al tetto del debito. Altrimenti l'agenzia farebbe scattare il default per i Cds sui Treasury americani.
Davanti a tale minaccia, i titoli di Stato sono saliti (i rendimenti dei decennali sono calati di 5 punti) e il costo del Cds sul quinquennale è passato da 45,58 a 45,66 centesimi. Nessuno s'è dunque curato dell'agenzia e nessuno s'è preoccupato del gioco duro di John Boehner, lo Speaker del Congresso che da tempo porta avanti una battaglia di estremo rigore contro il presidente Obama.
«È improbabile che i politici americani permetteranno un default del debito», commentano gli analisti di Henderson Global Investors, una società europea che gestisce quasi 100 miliardi di $. E che dire dei guai dell'Europa? Gli accordi di Bruxelles sono per molti aspetti lacunosi, in attesa dei dettagli, e non risolvono i problemi strutturali dell'Eurozona. Ma, per ora, l'annuncio ha già fatto abbastanza per andare incontro alle aspettative del mercato, dichiarano gli analisti. Può darsi, dunque, che un atteggiamento di maggior indulgenza stia maturando tra gli investitori. L'evoluzione della seduta di ieri farebbe pensare proprio a questo.
All'apertura dei mercati il clima non pareva affatto cattivo. Il rendimento dei Btp stava scendendo in maniera decisa e i titoli bancari europei accennavano a qualche guadagno. Tutto peggiora poco dopo, a causa di una domanda in calo alle aste sui titoli di Stato italiani (si veda a pagina 3). Poco prima di mezzogiorno il rendimento del Btp decennale era schizzato al 5,73% (dal 5,66% del giorno prima) e i titoli bancari europei mostravano perdite vicine all'1,5%. Con una significativa eccezione: quelli italiani (UniCredit, Intesa e Mps) si muovevano al rialzo e il peso delle vendite gravava su quelli greci, francesi e inglesi. Nel primo pomeriggio le cose sono andate migliorando.
E mentre UniCredit (+4,4%), Intesa (+3,1%) e Mps (+2,6%) hanno chiuso con apprezzabili rialzi, il settore europeo è riuscito ad azzerare le perdite. Anche Deutsche Bank ha chiuso in rialzo (+0,7%) nonostante una trimestrale inferiore alle attese. Da notare che la banca tedesca ha drasticamente tagliato il rischio sui debiti sovrani europei da 12,1 miliardi di fine 2010 a 3,67 miliardi. Sull'Italia la posizione è stata bruscamente ridotta da 8 miliardi a 996 milioni. Questi risultati sono stati ottenuti non necessariamente vendendo titoli, ma proteggendo le posizioni attraverso i Cds.
In caduta tra il 6 e il 7% solo le banche greche. Ad appesantire Piazza Affari sono state semmai le delusioni su Fiat (-4,5%), Pirelli (-3,7%) e soprattutto Stm (-11,5%). A sancire il relativo ottimismo dei mercati europei stanno le quotazioni dell'euro risalite oltre quota 1,45 sul dollaro. Dai massimi di maggio, la moneta unica è sotto di soli 3 punti, dimostrando una resistenza insospettabile per una valuta al centro di una crisi così forte come quella che stanno vivendo i Paesi periferici del Continente.
Negli Usa, l'indice CaseShiller ha indicato una cronica stagnazione nei prezzi delle case e la vendita di nuove abitazioni è nuovamente calata (-1% a giugno). Inoltre l'attività manifatturiera nell'area di Richmond è scesa a livelli che segnalerebbero contrazione. Tuttavia in quella regione s'è un poco ripresa l'attività dei servizi. Il dato più sorprendente è nell'indicatore che misura la fiducia dei consumatori salito a 59,5, oltre ogni ottimistica attesa e oltre il livello del mese scorso. Il mercato più effervescente resta quello dell'oro con i prezzi saliti al nuovo record di 1.618 $: non proprio un messaggio positivo per gli altri mercati.
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